        La difficile situazione in cui &egrave; incappata (quanto colpevolmente?) la KTM fa accendere un visibile e sonoro allarme rosso in MotoGP? No, ma quasi, perch&eacute; la luce emanata e la fastidiosa sirena accompagnatrice sono colorate d&rsquo;arancione e decisamente fastidiose. La crisi economico-finanziaria patita da Pierer Mobility, i tantissimi modelli rimasti invenduti, l&rsquo;acquisizione esosa e infruttuosa di marchi accorpati al Gruppo (e tra questi la MV Agusta &egrave; in vendita, mentre soltanto pochi mesi fa sognava il ritorno nel Mondiale), i debiti accumulati e il crollo dei valori in Borsa potrebbero avere conseguenze sui programmi sportivi? Anche al secondo quesito la risposta auspicabile sarebbe &ldquo;no&rdquo;, sebbene lo stesso Stefan Pierer abbia precisato che le corse andranno avanti, tuttavia con le RC16 e relative parti destinate a subire il blocco dello sviluppo. I team, Red Bull KTM Factory e Red Bull Tech 3 satellite, oggi non sono a rischio, ma potrebbero esserlo nell&rsquo;immediato indomani. Sperando per ogni persona coinvolta anche nei vari progetti Rookies Cup, JuniorGP, Moto3 e Moto2 di arrivare a fine giornata, mese e anno, l&rsquo;accento si deve porre proprio sulla classe regina: questa categoria, bellissima, spettacolare, divertente e costosa, ha senso per chi produce veicoli destinati ai puri consumatori? Il legame tra estremo prototipo e prodotto di serie esiste, oppure &egrave; limitato ad alcuni particolari? In virt&ugrave; dei dati di mercato al ribasso e dei numerosi campionati professionistici esistenti, &egrave; giusto credere nella MotoGP, oppure &egrave; opportuno farne a meno? Le risposte sono prettamente individuali e influenzate dalle rispettive condizioni aziendali. Perci&ograve;, la sezione sportiva deve convenire, altrimenti va tagliata. Passa alla prossima pagina MotoGP: Hamilton pu&ograve; salvare KTM dalla crisi? &nbsp; La crisi KTM  L&rsquo;attualit&agrave; dovrebbe offrire una teorica stabilit&agrave;: abbiamo l&rsquo;iscrizione (in)certa di cinque Case, tra cui proprio l&rsquo;austriaca e traballante KTM, la confusa Honda, la ribelle Yamaha, la fedele Aprilia e la dominatrice Ducati. Sembrerebbe un quadro egregiamente dipinto. Magari. Per comprendere le ragioni della preoccupazione, balziamo indietro di qualche lustro. Era il 2001, ultima stagione della 500 due tempi: Carmelo Ezpeleta, fiducioso delle potenzialit&agrave; offerte dall&rsquo;imminente regina a quattro tempi, dichiar&ograve;: &ldquo;Desidero 20 moto in griglia, mica di pi&ugrave; &ndash; il CEO Dorna pensava alla Formula 1 &ndash; niente riempitivi, semmai 10 costruttori differenti, ciascuno con due piloti ufficiali. La categoria dovr&agrave; attirare l&rsquo;industria automobilistica, con prodotti a due ruote ingegnati ad hoc&rdquo;. Il sogno era, oltre che ammirare le &ldquo;solite&rdquo; Yamaha, Honda, Suzuki e Aprilia, di avere pure Ducati, Kawasaki, MV Agusta, e non sarebbero guastate BMW, Porsche, Peugeot. Chimera, e lo vediamo: Yamaha e Honda ci sono, la Ducati c&rsquo;&egrave;, l&rsquo;Aprilia alza la mano, la Suzuki se n&rsquo;&egrave; andata, la Kawasaki idem, la MV non &egrave; mai entrata nell&rsquo;epoca moderna, la BMW nicchia, la Porsche nemmeno ci ha pensato e la Peugeot ci ha provato in Moto3, rinunciando presto. Sarebbe affascinante (e ricco) contare tutti i prestigiosi marchi, ma ora &egrave; impossibile: affacciatevi alla finestra e notate quante auto circolino o siano parcheggiate, contro i pochi veicoli a due ruote. A meno che non viviate a Bangkok, Giacarta o Hanoi, capirete che il comune mezzo da diporto sia l&rsquo;automobile. Le moto? Fantastiche, ma per pochi. E, di conseguenza, sono poche anche le Case che fanno le corse. Tornando alla KTM, anche se i dirigenti di Mattighofen promettono tranquillit&agrave; &ndash; sentimento difficile da provare nei panni degli ex dipendenti, da poco licenziati a precedere le Festivit&agrave; natalizie &ndash; c&rsquo;&egrave; poco da stare sereni, sia per chi non avr&agrave; voglia di gareggiare che per chi ne avr&agrave;. Mattighofen, storicamente specializzata nel Fuoristrada, su asfalto &egrave; da ritenersi giovane. Fantastici i successi ottenuti in ogni categoria, raramente per&ograve; nella MotoGP. Il motivo? Semplice da spiegare: perch&eacute; la MotoGP &egrave; la pi&ugrave; difficile di tutte. E, quando i risultati sperati mancano, cominciano a mancare anche fiducia, stimoli e&hellip; soldi. Chi deve foraggiare i programmi ci ripensa, nel motto volgare: &ldquo;Ma a noi, chi ce lo fa fare?&rdquo;.  Passa alla prossima pagina &nbsp; KTM: cosa faranno Pedro Acosta e gli altri piloti?  Ragionamento opposto quello della Suzuki, uscita a fine 2022: l&rsquo;obiettivo di conquistare l&rsquo;iride era ormai stato soddisfatto due anni prima assieme a Joan Mir, la GSX-RR ha continuato a ottenere podi e primi posti, quindi perch&eacute; rimanere? Quanto dimostrato bastava, oltretutto il denaro doveva essere versato in voci ritenute pi&ugrave; importanti, come rivelatoci all&rsquo;EICMA da Mr. Toshihiro&nbsp;Suzuki, capo dell&rsquo;omonima azienda fondata dagli antenati della famiglia a cui appartiene: &ldquo;Stiamo concentrando le risorse sulla sostenibilit&agrave;&rdquo; infatti la GSX-R usata nella 8 Ore di Suzuka era alimentata da biocarburanti ed equipaggiata con molti componenti in materiale riciclato, olio motore, pneumatici, carenatura e freni eco-friendly. &ldquo;E, a precedere la MotoGP, vengono i motociclisti. Ossia, il pubblico&rdquo;. Il messaggio diramato &egrave;: soltanto quando accontenteremo l&rsquo;esigenza di chi compra da noi, torneremo a gareggiare nella massima serie. Eppure, in diversi gi&agrave; vedrebbero la Casa di Hamamatsu con una versione da 850 centimetri cubi al via della rivoluzionaria stagione 2027, mentre a noi sono giunti rumors che in quell&rsquo;anno scender&agrave; in pista un prototipo sperimentale, per sessioni di test molteplici ed evoluzioni ben pensate. Se fosse cos&igrave;, sarebbe magnifico. Ma il 2027 &egrave; dopodomani, non domani. E l&rsquo;oggi non deve diventare pesante: la bomba che Pedro Acosta e la Dorna stiano cercando una Ducati &egrave; esplosa a met&agrave;, ovvero, che il ventenne di Mazarr&oacute;n e il Promoter cercassero un cambio de cisivo era immaginabile (emblematico il suo manager Albert Valera: &ldquo;La KTM ci era stata &lsquo;venduta&rsquo; come un gigante al momento di rinnovare, pochi mesi fa&rdquo;), casomai poco immaginabile la cordata tra piloti e organizzatore. Ma capiamo. La serie non pu&ograve; permettersi un fantino del genere sul cavallo sbagliato. Per&ograve; anche Brad Binder, Enea Bastianini e Maverick Vi&ntilde;ales, tutti vincitori di GP nella classe regina, andrebbero appellati. Il sudafricano, bandiera KTM, ha fatto suo il titolo Moto3 nel 2016, gare in Moto2 e alloro sfiorato, Gran Premi in MotoGP. La Bestia, titolato Moto2 edizione 2020, detentore di successi in tutte le classi, &egrave; arrivato terzo in MotoGP nel 2022. Top Gun, capace di alzare al cielo trofei con Suzuki, Yamaha e Aprilia, con la KTM potrebbe completare il poker, un record assoluto (e la sua fiducia nel marchio &egrave; assoluta: ha persino acquistato azioni della KTM). Insieme i quattro vantano la bellezza di 72 vittorie e 203 podi. Trattasi di mole impressionate, che la MotoGP deve tutelare. D&rsquo;accordo, e come?  Passa alla prossima pagina &nbsp; KTM: l'esempio di Suzuki, Kawasaki e BMW  Si possono obbligare la Case a partecipare? No, e la Suzuki lo testimonia: nonostante l&rsquo;accordo firmato fino al 2026, quelli di Hamamatsu hanno preferito smantellare con largo anticipo e, si dice, pagare le onerose penali. Danni di immagine o reputazione? Macch&eacute;, in Giappone la pensano diversamente. Ecco il motivo per cui la Kawasaki &egrave; assente: ad Akashi non interessa l&rsquo;ipotetico prestigio che la vetrina potrebbe (condizionale) garantire: laggi&ugrave; sono pragmatici, per cose fatte soltanto se hanno un reale tornaconto. La Ninja ha spopolato in SBK per anni, ma ora le &ldquo;mille&rdquo; non si vendono pi&ugrave; come una volta: perch&eacute;, quindi, produrre una nuova ZX-10RR? I prototipi sono fini a loro stessi, con scarsa riconducibilit&agrave; alla circolazione stradale? Niente prototipi, e &ldquo;chissene&rdquo; se i verdi uscirono nel 2008, improvvisamente, lasciando il materiale usato da John Hopkins e Anthony West a Marco Melandri con la squadra Hayate Racing iscritta nel 2009. La pressione esercitata dalla Dorna fu notevole: con le entry list in calo, lo staff spagnolo voleva a ogni costo quella moto nera, priva di marchi, ma quantomeno presente. Il picco minimo venne toccato nel 2012, quando soltanto Ducati, Yamaha e Honda duellarono tra i cordoli iridati: la SBK invece proponeva Ducati, Yamaha, Honda, Suzuki, Kawasaki, Aprilia e BMW. Notare bene: n&eacute; da una parte, n&eacute; dall&rsquo;altra la KTM. All&rsquo;epoca s&igrave; che impazzava l&rsquo;allarme rosso, evitato nel passato recente dall&rsquo;impressionante contingente di Desmosedici, otto fino al SolidarityGP di quest&rsquo;an no, il prossimo ridotto a sei. Notizia bella, due Yamaha in pi&ugrave;, grazie al passaggio di Pramac da Desmosedici a M1. A Iwata ci credono, tanto da aver accolto la struttura di Paolo Campinoti, capace di conquistare titoli team e piloti nel recente biennio. Le quattro cilindri dei tre diapason faranno bene? Ancora non si sa, per&ograve; sono raddoppiate. Se la KTM saluta, lascia a piedi Acosta? Dipender&agrave; dai vari spostamenti ma, ripetiamo, c&rsquo;&egrave; da ricordare Binder, Bastianini e Vi&ntilde;ales. Il numero minimo e necessario per validare il campionato &egrave; di 20 unit&agrave;, ora siamo a 22, con lo scenario appena descritto. Cosa succederebbe, qualora Mattighofen servisse l&rsquo;addio? I piloti arebbero da ricollocare, a scapito di alcuni colleghi. La griglia sarebbe da rimpolpare, e mai pi&ugrave; parlare di CRT o esperimenti ibridi giusto per fare numero. Qui servono i costruttori, non scritte GASGAS utili all&rsquo;esercizio di marketing. La Kawasaki ha le orecchie tappate? Perch&eacute; non offrir loro un programma conveniente, facendoglielo udire con parole misurate? La Suzuki temporeggia? Facciamoli accelerare, mettendo sul piatto un programma irrifiutabile. La BMW ci pensa? Meglio fare che pensare. Certo, scriverlo su carta &egrave; facile. Nella pratica, tutt&rsquo;altro. La MotoGP &egrave; il meglio del meglio a due ruote, fattore innegabile, ma ci chiediamo: che male ci sarebbe nel coniugare qualit&agrave;, quantit&agrave; e variet&agrave;?  Martin e Bezzecchi: nuovi "anti-Ducati" per Aprilia in MotoGP       

Cosa accadr&agrave; ai piloti orange? Intanto alla top class servirebbero pi&ugrave; Case, ma la Kawasaki, Suzuki hanno altre proprit&agrave; e BMW avanza a piccoli passi

MotoGP, Pedro Acosta & Co: scatta l'allarme in casa KTM

        I piloti dicono spesso che le vittorie portano altre vittorie: lo sosteneva sempre Marc Marquez e in tempi recenti lo ha confermato Pecco Bagnaia. Ed &egrave; quello che &egrave; accaduto anche ad Ana Carrasco, vincitrice del titolo nel mondiale Supersport 300 (2018) battendo gli uomini, e nel mondiale WCR (2024). Ma trionfatrice anche nella TCR Cup Spain (Touring Cup Championship) con le auto.  Ana Carrasco vince anche in auto  Per la pilota di Murcia, classe 1997, sembra proprio che ottenere vittorie sia diventato un po&rsquo; come collezionare le figurine e attaccarle su un album. Un album prezioso in quanto a successi ed esperienza! E quindi ecco che per lei, questa nuova sfida nell&rsquo;abitacolo di un&rsquo;auto si &egrave; rivelata subito molto positiva: nell&rsquo;ultima tappa stagionale che si &egrave; svolta al Circuit de Barcelona-Catalunya la spagnola del Team VRT arrivava con 47 punti sul primo inseguitore ed &egrave; riuscita a mantenere il vantaggio. La doppietta di titoli &egrave; cos&igrave; divenuta realt&agrave; mentre Ana saltava da un mezzo all&rsquo;altro, dalle quattro alle due ruote e viceversa, dalla Peugeot 308 alla Yamaha R7 del Team Evan Bros. Ma se in moto era gi&agrave; esperta, sulle auto ha dovuto rompere il ghiaccio. Il podio immediato l&rsquo;ha aiutata, poi Ana ha proseguito la serie positiva di risultati arrivando alla vittoria in Gara 2 nel penultimo round di Valencia. Giunta al gran finale di Barcellona, le bastavano davvero pochi punti per accaparrarsi il titolo, ma la spagnola ha voluto comunque brillare, arrivando seconda in Gara 1 e quarta in Gara 2. "Vincere questo campionato &egrave; stato qualcosa di inaspettato &ndash; ha detto al sito ufficiale della competizione TCR Spain &ndash; ho iniziato la stagione con tanta voglia di imparare perch&eacute; non avevo mai gareggiato sulle quattro ruote. Mi sono divertita molto in tutte le gare, sono riuscita anche a conquistare podi e ad arrivare alla vittoria". Nella categoria di Ana Carrasco partecipavano sia uomini che donne, quindi per la seconda volta dopo la Supersport 300 ha dimostrato di poter competere (e vincere) anche contro i maschi. Una conquista che rafforza l&rsquo;autostima (se ce ne dovesse essere bisogno nel caso di Ana). Ma la spagnola non si ferma e alza ulteriormente l&rsquo;asticella, dato che nel 2025 vestir&agrave; i panni del Team Honda-France e approder&agrave; nel mondiale Supersport nella sottocategoria WorldSSP Challenge (in pratica l&rsquo;Europeo, vinto quest&rsquo;anno da Simone Corsi). Attendiamo una nuova figurina che la spagnola potr&agrave; attaccare nell&rsquo;album dei successi. I nuovi orizzonti di Kiara Fontanesi | Io Guido da Sola       

La spagnola ha trionfato anche nella TCR Cup. E ora vola in Supersport

Ana Carrasco: moto o auto, l'esito non cambia | Io Guido da Sola

        L&rsquo;ECU Polini, &ldquo;Unit&agrave; Controllo Motore&rdquo;, specifica per il Peugeot Kisbee 50 4T E5 &egrave; una centralina programmata per il motore 4T ad iniezione elettronica. ECU Polini, come funziona L&rsquo;ECU Polini controlla ed ottimizza la quantit&agrave; di carburante immessa nel cilindro cambiando il tempo d&rsquo;iniezione; modifica l&rsquo;anticipo per avere il massimo delle performances. Di facile installazione, si adatta perfettamente allo scooter Kisbee con gli appositi cablaggi che si interfacciano con gli originali. &Egrave; stata progettata per il motore si serie, ma la resa migliore si ottiene abbinandola al variatore e alla marmitta Polini dedicati. ECU POLINI per PEUGEOT KISBEE 50 4T E5 codice: 171.0021Prezzo al pubblico Euro 265,20 + iva100% Made in Italy       

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ECU Polini per scooter Peugeot Kisbee 50 4T E5

        Questa puntata &egrave; dedicata a una disamina di ci&ograve; che di rilevante &egrave; accaduto nel passato, anche remoto, limitatamente agli anni &lsquo;24. Naturalmente non citer&ograve; gli eventi pi&ugrave; eclatanti e frequenti, soprattutto le guerre, succedutesi ovunque con assurda continuit&agrave;, ma concentrer&ograve; l&rsquo;attenzione sui passi avanti compiuti dalla scienza e in particolare su quelli che hanno portato all&rsquo;esplosione della rivoluzione industriale e, successivamente, all&rsquo;origine della motorizzazione e dei mezzi di trasporto pubblici e privati fino ad arrivare al 1924, un secolo fa. Vincent, rivale della Rolls-Royce | Polvere di Stelle Il primo sottomarino  Quando moto, auto, aerei, piroscafi e grandi industrie erano gi&agrave; in piena espansione. Gli studiosi del progresso umano sono concordi nell&rsquo;affermare che il 1600 fu il secolo in cui si affermarono la mentalit&agrave; scientifica e il metodo sperimentale. Grandissimi &ldquo;cervelli&rdquo;, tra cui Huygens, Cartesio, Galilei, Pascal, Leibniz, Papin e Torricelli in quei cento anni gettarono le basi delle scoperte rivoluzionarie che caratterizzarono i due secoli successivi. Nel 1624 l&rsquo;olandese Cornelius Jacobszoon Drebbel costru&igrave; e collaud&ograve; il primo sottomarino della storia, un battello subacqueo con il quale navig&ograve; in immersione nel Tamigi, a una profondit&agrave; di 3-4 metri, alla presenza del re Giacomo I d&rsquo;Inghilterra. Il motore a vapore, fatto funzionare per la prima volta da Thomas Newcomen come pompa per l&rsquo;estrazione di acqua dalle miniere di carbone nei primissimi anni del 1700, indusse numerosi meccanici e scienziati del tempo a cercare soluzioni che ne migliorassero il funzionamento e il rendimento. Uno di questi, John Smeaton, ingegnere inglese nato nel 1724, non si limit&ograve; a perfezionare la macchina a vapore di Newcomen, ma invent&ograve; numerosi strumenti scientifici e pubblic&ograve; un&rsquo;opera fondamentale sulla forza motrice dell&rsquo;acqua e del vento per far funzionare i mulini. Uno dei primi ad aver pensato al motore a scoppio fu l&rsquo;abate francese Jean de Hautefeuille che, dopo lunghi studi sugli effetti della combustione della polvere da sparo, present&ograve; una sua memoria sul &ldquo;Pendule perp&eacute;tuelle avec la maniere d&rsquo;elever l&rsquo;eau par le moyen de la poudre a cannon&rdquo; in cui elencava le particolari caratteristiche di una pompa da lui ideata che, utilizzando la depressione conseguente allo scoppio di polvere da sparo e il suo repentino raffreddamento, sarebbe riuscita a innalzare l&rsquo;acqua a notevole altezza. Hautefeuille mor&igrave; a Orleans il 18 ottobre 1724. Un mese esatto dopo la dipartita dello scienziato francese concluse la sua esistenza in vita anche Bartolomeu Louren&ccedil;o de Gusm&atilde;o, Gesuita portoghese nato in Brasile, naturalista e inventore ritenuto uno dei pionieri dell&rsquo;aeronautica. L&rsquo;8 agosto 1709 a Lisbona, alla presenza di un importante pubblico comprendente il Re, la Regina, il Nunzio Apostolico e altri membri del Corpo diplomatico e della Corte portoghese, fece volare un pallone riscaldato ad aria, che sal&igrave; fino al tetto della sala e fu distrutto a bastonate per evitare incendi. Il personaggio pi&ugrave; rilevante del 1824 fu Nicolas L&eacute;onard Sadi Carnot, un genio parigino che, appena ventottenne, pubblic&ograve; l&rsquo;opera &ldquo;R&eacute;flexions sur la puissance motrice du feu&rdquo; (Riflessioni sulla potenza motrice del fuoco). Ucciso dal colera a soltanto 36 anni, lasci&ograve; una traccia indelebile nel mondo scientifico: le sue conclusioni portarono alla definizione del secondo principio della termodinamica, che nega la possibilit&agrave; di costruire una macchina termica il cui rendimento sia pari al 100%. In quello stesso 1824, il colonnello americano John Stevens, dopo alcuni tentativi falliti, riusc&igrave; in ottobre a costruire nella sua fattoria a Hoboken, nel New Jersey, una strada ferrata percorribile da una locomotiva a vapore a caldaia verticale da lui stesso progettata e realizzata. Pur se mai utilizzata in luoghi pubblici, questa locomotiva dest&ograve; enorme interesse e diede fama a Stevens, oggi ritenuto il padre della ferrovia in America. Passa alla prossima pagina &nbsp; La nascita dell'Europeo  Un nuovo salto di 100 anni ci porta al 1924, anno di fondazione di alcune industrie motociclistiche. A Bologna inizi&ograve; l&rsquo;attivit&agrave; la MM, a Gerace Marina, in Calabria, un ardito imprenditore del Sud cominci&ograve; a produrre motociclette con il marchio OMC (Officine Meccaniche Calabresi). In Francia, a Pantin, a nord-est della periferia di Parigi, nacque la Motob&eacute;cane, a opera di Abel Bardin, Charles Beno&icirc;t e Jules Benezech. In Spagna, a Barcellona, Manuel Giro, ex ufficiale di Marina, fond&ograve; la Ossa (Orpheo Sincronics Sociedad Anonima), che inizialmente guadagn&ograve; fama soprattutto grazie a un suo brevetto che accoppiava l&rsquo;audio ai film muti, nonch&eacute; a macchine da cucire e giradischi. Alle moto la Ossa arriv&ograve; nel 1942, ma prima svolse anche un&rsquo;intensa attivit&agrave; come produttrice di motori marini. A Wittenbach, in Svizzera, nel 1924 nacque Florian Camathias, quattro volte secondo nel mondiale Sidecar tra il 1958 e il 1963. Ancona fu la citt&agrave; natale di Giuseppe Lattanzi, pilota ufficiale Mondial che fu il miglior rappresentante della Casa milanese nel Mondiale classe 125 del 1955 dominato dalle MV e perse la vita nella Milano-Taranto dello stesso anno. A Torino nacque Ada Pace, dapprima pilota ufficiale della Piaggio in dure competizioni scooteristiche nazionali e internazionali, poi fu campionessa di automobilismo, con un impressionante palmares di vittorie. Il 21 settembre 1924 a Lainate venne inaugurato il primo tratto &ndash; da Milano a Varese &ndash; della prima autostrada italiana, quella che oggi &egrave; l&rsquo;Autostrada dei Laghi. Passando agli avvenimenti sportivi, quell&rsquo;anno nella corsa motociclistica pi&ugrave; importante del Mondo, il Tourist Trophy dell&rsquo;Isola di Man, venne introdotta la classe &ldquo;Ultra-lightweight&rdquo; per moto fino a 175 cm&sup3;, vinta da Jock Porter su New Gerrard davanti alle Cotton di Fred Morgan e Chris Stead. Questa classe &ldquo;minima&rdquo; venne mantenuta soltanto nel 1925, poi venne ripresa dal 1951 con il nome di &ldquo;Lightweight 125&rdquo;. Nella storia del motociclismo agonistico il 1924 &egrave; un anno di particolare importanza perch&eacute; vide la nascita del campionato europeo di Velocit&agrave;, la cui prima corsa venne effettuata il 7 settembre sul nuovissimo autodromo di Monza. Non essendo ancora in grado di indire e organizzare un campionato in prove multiple, la Federazione Internazionale dei Club Motociclistici (FICM) decise di attribuire i titoli ai vincitori delle classi 250, 350 e 500 in gara in quell&rsquo;unico evento. Vi si iscrissero 91 piloti in sella a moto di 33 marche diverse in rappresentanza di otto Paesi; le 250 e 350 presero il via insieme al mattino, mentre la 500 si disput&ograve; nel pomeriggio. La 350 fu vinta dal noto campione britannico Jimmy Simpson, in testa dal primo all&rsquo;ultimo giro con la AJS, ma applauditissimo fu Isacco Mariani che, coinvolto in una caduta nelle fasi iniziali, rimont&ograve; furiosamente con la sua prodigiosa Garelli fino a classificarsi secondo. Nella 250 il belga Maurice van Geert port&ograve; alla vittoria la Rush da lui stesso progettata e costruita. La rivincita per i colori italiani arriv&ograve; nella classe 500. Fra i 24 partenti i favoriti erano Tazio Nuvolari su Norton, Richard e Gillard su Peugeot bicilindrica monoalbero, e i piloti della squadra ufficiale Moto Guzzi, Guido Mentasti, Pietro Ghersi ed Erminio Visioli alla guida delle monocilindriche a quattro valvole. I primi tredici giri videro Mentasti comandare con autorit&agrave; finch&eacute;, fermatosi per il rifornimento, fu superato da Nuvolari che riusc&igrave; a resistere alla furibonda rimonta di Mentasti fino al 20&deg; passaggio. Nei dieci giri successivi Mentasti guadagn&ograve; due minuti su Nuvolari, che due tornate dopo fu costretto al ritiro per la rottura del serbatoio del carburante. Il trionfo finale di Mentasti, alla media di 130,647 km/h valse all&rsquo;asso genovese il titolo di campione d&rsquo;Europa e fu per la Moto Guzzi il primo importante passo verso la conquista dei massimi allori sportivi internazionali.  L'infinita storia della Demm | Polvere di Stelle       

Tra gli &ldquo;antenati&rdquo; del 2024 ci sono anni ricchi di invenzioni ed esperimenti come quelli di Drebbel e de Gusm&atilde;o. E cent&rsquo;anni fa a Monza nasceva il campionato continentale

Dal sottomarino all'Europeo | Polvere di Stelle

        Chi segue regolarmente questa rubrica &egrave; consapevole di una mia pi&ugrave; volte manifestata passione per il parallelo fra l&rsquo;ambiente motociclistico e quello aeronautico. I due mondi fin dall&rsquo;origine hanno sempre presentato affinit&agrave; tecniche, industriali e anche sportive che non si riscontrano per esempio analizzando la storia dell&rsquo;automobile. &ldquo;La motocicletta &egrave; un aeroplano senza le ali&rdquo; &egrave; una mia convinta affermazione, visto che la stretta somiglianza fra i due mezzi si estende addirittura ai fondamentali del pilotaggio: accelerando la moto si impenna e l&rsquo;aeroplano cabra; decelerando la moto carica l&rsquo;avantreno e non pu&ograve; &ldquo;picchiare&rdquo; come l&rsquo;aereo soltanto perch&eacute; &egrave; trattenuta dal poggiare gi&agrave; a terra; per cambiare direzione in entrambi i casi bisogna &ldquo;piegare&rdquo;.&nbsp; Dal Tourist Trophy alle nuvole | Polvere di Stelle Moto e aviazione  Sportivamente parlando, molti piloti italiani, inglesi e tedeschi, che durante Prima e Seconda Guerra mondiale avevano militato nelle file dell&rsquo;aviazione, si erano poi dati con successo alle corse in moto, tanto che il primo campione del Mondo della classe 500 fu Leslie Graham, gi&agrave; decorato come pilota di bombardieri. Ma la vicinanza pi&ugrave; costante nel tempo e pi&ugrave; produttiva di risultati si &egrave; manifestata quando, al termine delle due guerre, le industrie che fino a quel momento avevano prodotto soltanto aeroplani e che avevano la necessit&agrave; impellente di affrontare un mercato &ldquo;civile&rdquo; che richiedeva altro, in maggioranza si convertirono alla fabbricazione di motociclette e scooter. Tutti conoscono i veicoli motorizzati a due ruote presentati da grandi Case costruttrici di aerei e motori d&rsquo;aviazione come BMW, Piaggio, Caproni, Kawasaki, Aermacchi; le loro storie sono state protagoniste di numerose puntate di Polvere di Stelle. Ma pochi, forse pochissimi, sono a conoscenza delle tante altre industrie aeronautiche minori che nei due dopoguerra, ma anche prima, fecero la stessa scelta. &Egrave; ora di svelarle, e non baster&agrave; una puntata. Non mi dilungher&ograve; nel racconto della storia delle singole Case, alcune delle quali sono gi&agrave; state protagoniste di racconti su Polvere di Stelle; mi limiter&ograve; a citarle con uno stringato riassunto della loro attivit&agrave; perch&eacute; il mio scopo in questo caso &egrave; soltanto quello di offrire una panoramica che chiarisca la vasta estensione di questo abbinamento moto-volo. Partiamo dall&rsquo;America. Glenn Hammond Curtiss  Nel primo decennio del 1900 gli Stati Uniti, che avevano conquistato l&rsquo;ambitissimo traguardo del primo volo con il &ldquo;pi&ugrave; pesante dell&rsquo;aria&rdquo; non si resero conto della portata dell&rsquo;impresa dei fratelli Wright, che per trovare investitori e riconoscimenti nel 1905 dovettero recarsi in Europa e prestarsi a esperimenti di volo in varie citt&agrave; del Vecchio Continente. In America, soltanto Glenn Hammond Curtiss, un giovane tecnico e pilota che nel 1902 aveva fondato un&rsquo;industria motociclistica divenuta subito famosa per le eccellenti prestazioni delle sue mono e bicilindriche, credette nel futuro dell&rsquo;aviazione a motore e dal 1905 al 1912 progett&ograve;, costru&igrave; e pilot&ograve; personalmente sia moto che aeroplani, ottenendo sulle piste e negli aeroporti eclatanti successi, non soltanto negli USA ma anche in Europa. Nel 1907, con una moto su cui aveva installato un suo motore aeronautico V8 da 40 CV, Curtiss sfrecci&ograve; su un tratto di quattro chilometri di spiaggia battuta a Ormond Beach, in Florida, a 219 km/h, un record cronometrato ma non ufficialmente, che quindi non gli venne riconosciuto, ma che ancora oggi &egrave; testimoniato dal &ldquo;bolide&rdquo; conservato allo Smithsonian Institution di Washington. Dopo il 1912 si dedic&ograve; soltanto alla produzione aeronautica.  Peugeot, Indian (e non solo)  La Indian di Springfield &ndash; Massachusetts &ndash; negli Anni &lsquo;10 era la fabbrica di motociclette pi&ugrave; grande del Mondo. In quello stesso periodo avvi&ograve; anche la produzione di motori per applicazioni aeronautiche, tra cui un rotativo stellare a sette cilindri da 50 cavalli e un otto cilindri a V da 60 cavalli. L&rsquo;impegno in questo settore cess&ograve; alla fine della Prima Guerra mondiale e la Casa americana si dedic&ograve; da quel momento soltanto alle moto a 1-2-4 cilindri di media e grossa cilindrata che fecero epoca. La Peugeot non si accontent&ograve; di aver costruito le prime automobili moderne francesi. Nel 1901 inizi&ograve; a produrre anche motociclette e nel 1909 entr&ograve; nel settore aeronautico con un motore stellare rotativo a sette cilindri da 50 cavalli. Questa esperienza dur&ograve; fino al 1939 e si estese anche al progetto di un elicottero. Adolphe Clement fu uno dei pi&ugrave; prolifici costruttori francesi dei primordi della motorizzazione. Dalle biciclette pass&ograve; nei primi anni del &lsquo;900 alle moto realizzando modelli di ogni schema e cilindrata, compreso un V4 da corsa passato alla storia. Contemporaneamente avvi&ograve; una fabbrica di automobili a benzina e cominci&ograve; a occuparsi di aeronautica, dapprima costruendo grandi e assai efficienti dirigibili che guadagnarono fama internazionale, quindi passando al &ldquo;Pi&ugrave; pesante dell&rsquo;aria&rdquo;. Il danese Jacob Christian Ellehammer costruttore di motociclette fra il 1904 e il 1909, sostenne di essere riuscito a volare il 12 settembre 1906 per 42 metri con un aereo di sua costruzione. Teatro dell&rsquo;esperimento fu l&rsquo;isola di Lindholm, da lui acquistata per i suoi tentativi di volo. A lui va dunque anche il primato di aver costruito il primo aeroporto. Hans Grade nel 1908 fu il primo a sollevarsi in volo in Germania e fu anche il primo costruttore tedesco di aeroplani. Oltre che pilota, era un ingegnere di grande valore, con una propensione particolare per il motore a due tempi, del quale fu pioniere in campo aviatorio con il suo V4 2T del 1909. Grade costru&igrave;, tra il 1903 e il 1925, anche moto con propulsore a due tempi di piccola cilindrata. Alessandro Anzani realizz&ograve; il motore a tre cilindri &ldquo;a ventaglio&rdquo; con cui Bleriot attravers&ograve; per primo la Manica nel 1909. Per collaudarlo lo mont&ograve; su una moto con cui corse nei velodromi di Parigi. In seguito divenne uno dei pi&ugrave; noti fabbricanti di motori aeronautici, con stabilimenti in Francia, Italia e Inghilterra. Costru&igrave; anche motociclette con il marchio &ldquo;British Anzani&rdquo;: una di queste, nel 1923, conquist&ograve; il record mondiale assoluto di velocit&agrave; per veicoli a due ruote. Bleriot, dopo essersi lanciato come costruttore dei primi monoplani, fond&ograve; un marchio motociclistico che oper&ograve; dal 1920 al 1923. Durante la Grande Guerra, l&rsquo;aereo da caccia inglese Sopwith Camel divenne leggendario cos&igrave; come accadde nel secondo conflitto mondiale per lo Spitfire. Terminate le ostilit&agrave;, nonostante la vittoria, per la riconversione industriale la Sopwith opt&ograve; per la costruzione di motociclette e a tal fine acquist&ograve; verso la fine del 1918 la fabbrica di motori ABC che, come lei, aveva sede nelle vicinanze dell&rsquo;autodromo di Brooklands. Nacque cos&igrave; una moto con i due marchi abbinati, una 400, progettata da Granville Bradshaw, dal design molto originale a due cilindri contrapposti trasversalmente al telaio. Lo schema era dunque quello che alcuni anni dopo sarebbe stato adottato dalla BMW nonostante le rivendicazioni di Bradshaw che l&rsquo;aveva brevettato. La moto ABC si rivel&ograve; troppo costosa e la sua produzione cess&ograve; nel 1923. Continu&ograve; invece in Francia dove venne costruita su licenza fino al 1925 dalla Gnome &amp; Rh&ocirc;ne, una delle pi&ugrave; note fabbriche di motori aeronautici... Anche la Gloucestershire Aircraft, un&rsquo;altra industria aeronautica inglese che produceva aerei con il marchio Gloster, nel 1920 affianc&ograve; agli aeroplani un veicolo a due ruote: lo scooter Unibus, che dal punto di vista soprattutto estetico fu il vero progenitore della Vespa. La Beardmore fu una delle fabbriche pi&ugrave; eclettiche della Gran Bretagna. Entrata nel mondo aeronautico nel 1913 producendo su licenza, dopo la guerra inizi&ograve; a costruire moto pregevoli con il marchio &ldquo;Precision&rdquo; e aeroplani di progettazione propria e motori d&rsquo;aereo. Nel 1928 realizz&ograve; il prototipo del trimotore &ldquo;Inflexible&rdquo; completamente in metallo che, con un&rsquo;apertura alare di 48 metri, era allora il monoplano pi&ugrave; grande del Mondo. Non ebbe seguito. Continua Guenda Glubb, la Regina di Brooklands | Polvere di Stelle       

I costruttori impegnati sia nel motociclismo che nell&rsquo;aviazione, due settori che da sempre sono parenti stretti

Spiccando il volo, su due ruote | Polvere di Stelle

        Dani Pedrosa &egrave; prossimo al ritorno in pista nella MotoGP, top class del Motomondiale che lo vedr&agrave; protagonista del GP San Marino e Riviera di Rimini in qualit&agrave; di wild card. Ma da quando &egrave; diventato tester KTM, lo spagnolo non perde occasione di cimentarsi in entusiasmanti gare di accelerazione riproposte dai vari canali social Red Bull, che questa volta ha messo a confronto veicoli di vario genere. MotoGP Misano: programmazione e orari tv La MotoGP di Pedrosa contro F1 e non solo: la folle sfida  Parliamo della Red Bull RB8 con motore V8 aspirato da 2.4 litri di cilindrata, 640 kg di peso e 750 CV di potenza, guidata dall&rsquo;alfiere AlphaTauri in F1 Liam Lawson, contro la Peugeot 208 WRX da 600 CV condotta dal campione RallyCross 2019 Timmy Hansen,&nbsp;e la Ford Puma Rally1 WRC (550 CV) condotta dal presentatore di Carwow Mat Watson e dal mountain biker professionista e atleta Red Bull&nbsp;Matt Jones. A questo terzetto da paura si &egrave; aggiunta l&rsquo;ultima folle creatura Ford, un E-Transit elettrico da 2.040 CV guidato da Romain Dumas, pilota dai grandi trascorsi nell&rsquo;Endurance a quattro ruote. A Dani Pedrosa &egrave; toccato difendere l&rsquo;onore delle due ruote,&nbsp;e lo ha fatto in sella alla sua KTM RC16 spinta da un motore V4 da 999 cc, con oltre 265 CV e un peso di soli 157 kg. Com&rsquo;&egrave; andata a finire la gara di accelerazione tra questi cinque veicoli, che messi assieme sommano oltre 4000 CV? Come potete vedere nel video in basso, ad avere la meglio &egrave; stato proprio il collaudatore della Casa di Mattighofen. Classifica piloti MotoGP Pedrosa contro F1 e WRC: il video   Prossimi appuntamenti       

Il tester KTM &egrave; stato protagonista di un'altra incredibile gara di accelerazione contro la Red Bull e l'ultima follia targata Ford

MotoGP VS F1 e WRC: Dani Pedrosa vince una sfida da oltre 4000 CV

        Andrea Migno merita una ulteriore opportunit&agrave;. Come se non ne avesse fruite di abbastanza, direste, ma noi pensiamo che il Gran Premio di Italia classe Moto3 sarebbe impreziosito dalla sua presenza. Cosa non certa, perch&eacute; Lorenzo Fellon sta recuperando dall'infortunio alla spalla che lo ha costretto fermo a Portimao. Il francese vuole, giustamente, tornare sulla KTM del team CIP Green Power, essendone il titolare, quindi chi parteciper&agrave; al Mugello? Migno e il Mugello: vittoria nel 2017 in Moto3 Domenica 4 giugno 2017, ore 11:40 circa, secondo pi&ugrave;, secondo meno: Andrea Migno taglia il traguardo in prima posizione, trionfando nel Gran Premio di Italia. La KTM Sky VR46 del romagnolo si impone di fronte al pubblico amico, con Fabio Di Giannantonio appena dopo e Juanfran Guevara a completare il podio. Per il piccol e tenace numero 16 &egrave; la prima vittoria iridata, meritata, su una delle piste pi&ugrave; difficili di tutto il calendario. Guardando al presente, la Moto3 dell'epoca proponeva una competizione tecnica decisamente pi&ugrave; feroce di quanto si veda oggi, perch&eacute; la Casa austriaca se la vedeva con Honda davvero impegnata, la Mahindra si difendeva egregiamente e la Peugeot voleva farsi largo. E lui "Mig" si confrontava con rivali oggi in MotoGP, sicch&eacute; di grosso spessore. Lo stesso Diggia, Marco Bezzecchi, Enea Bastianini, Jorge Martin. Oppure, se non vi bastano, Lorenzo Dalla Porta, Tony Arbolino, Albert Arenas. Tutti nomi che hanno vinto titoli o Gran Premi. Ebbene, Migno li ha messi in riga. Fellon torna proprio nella Moto3 del Mugello?!  Quando un pilota si fa male, &egrave; infortunato e rinuncia, alziamo le mani in senso di rispetto.&nbsp;E, chiaramente, lo facciamo pure nei confronti di Lorenzo Fellon, francese classe 2004 debuttante nel 2021 e autore di zero punti. Ci ha riprovato lo scorso anno nella medesima categoria, prendendo 8 punti su 20 Gran Premi.Quest'anno, inserito nel CIP Green Power, era atteso a un salto di qualit&agrave;, ma il fastidio provato alla spalla lo ha fermato durante la trasferta portoghese di Portimao.&nbsp; La squadra, di fretta e furia, ha chiamato Andrea Migno, in quel momento senza sella. Che &egrave; successo, come &egrave; andato il romagnolo in Argentina, senza test preliminari e con una Honda tutta da scoprire? E' salito sul podio, festeggiando il terzo posto. Ora, non per dire: vien da pensare che l'italiano sia pi&ugrave; competitivo del titolare. Lecito farsi questa idea, no? Come &egrave; logico prevedere che, con maggior allenamento accumulato rispetto al collega, affiatato col team, carico dai tifosi amici, il ventisettenne di Cattolica potrebbe correre da protagonista tra i cordoli tricolori, che lo hanno visto quarto nel 2022. Il successo del 2017, pareggiato in Qatar nel principio della passata stagione, potrebbe essere ribadito? Non lo sappiamo, tuttavia, con la "fame" che sta espriemendo, uno dei pi&ugrave; esperti della classe partirebbe molto pi&ugrave; convinto e in forma di Fellon.  Scusaci Lorenzo, non abbiamo alcun cosa contro di te, anzi, ti auguriamo di rientrare presto.        

Andrea ha sostituito l'infortunato Fellon, ottenendo un podio, risultato che potrebbe replicare nel Gran Premio di Italia. Il team CIP chi sceglier&agrave;?

Corre o no al Mugello? Migno sarebbe protagonista della Moto3

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Nuovo Variatore Polini Hi-Speed

        Con questo primo numero di Polvere di Stelle del 1923 si chiude il ventesimo anno di questa rubrica. Due decenni che significano circa 1000 articoli dedicati alla storia del motociclismo nei suoi vari aspetti. Polvere di Stelle: Victoria Werke, gloria bavarese Vent'anni di storie e ricerche  Una serie di indagini approfondite su argomenti quasi mai toccati dagli studiosi, pi&ugrave; propensi &ndash; non &egrave; assolutamente una critica &ndash; a &ldquo;scavare&rdquo; entro fatti clamorosi del recente passato, piuttosto che dedicarsi ad altri temi effettivamente meno interessanti per il grande pubblico. Ma Polvere di Stelle ha un vantaggio: &egrave; una rubrica di appena due pagine, e si rivolge soltanto a chi &egrave; in grado di apprezzarne i contenuti perch&eacute; condivide con il sottoscritto l&rsquo;amore per le storie vecchie, strane e poco, o mai, raccontate. Di questi venti anni voglio ricordare alcune ricerche che mi hanno particolarmente appassionato e che in genere hanno richiesto pi&ugrave; puntate della rubrica: la storia di diverse Case motociclistiche famose, come BMW, Ducati, BSA, Peugeot, Laverda e altre, prima che iniziassero a produrre motociclette. Ho scoperto cos&igrave; che la Casa di Monaco di Baviera, cos&igrave; come la conosciamo oggi, &egrave; stata fondata da un italiano di Trieste, Camillo Castiglioni. Che la Ducati prima della guerra era un&rsquo;azienda leader mondiale nella produzione di sofisticati componenti elettrici e ottici. Che la BSA &ndash; come la FN, l&rsquo;Husqvarna, la Royal Enfield e molte altre &ndash; era una famosa produttrice di armi, che la Peugeot cominci&ograve; l&rsquo;attivit&agrave; da una fonderia e da una fabbrica di stecche per corsetteria femminile, dedicandosi poi a oggetti che nulla avevano a che fare con quelli fabbricati in origine, come i macinacaff&egrave; e le macchine da cucire. Che la Laverda a fine Ottocento ebbe successo costruendo macchine agricole, orologi per campanili, parafulmini e cannoni antigrandine.&nbsp; Tra aeronautica e motocross  Un&rsquo;altra serie di indagini che ha occupato alcune puntate di Polvere di Stelle mi ha portato a scoprire la connessione storica e tecnica che ha sempre legato il motociclismo e l&rsquo;aeronautica fin dalle origini, coinvolgendo nomi famosissimi nei rispettivi campi, come Luis Bleriot, Alessandro Anzani, Glenn Hammond Curtiss, Leslie Graham, per citarne soltanto alcuni, dato che la lista sarebbe lunghissima, cos&igrave; come lunghissima sarebbe quella dei nomi delle industrie coinvolte, tra cui Henderson, Sopwith-ABC, Piaggio, Gnome-Rh&ocirc;ne, Indian, Caproni, Kawasaki&hellip; Un&rsquo;affinit&agrave; fra moto e aerei che fu motivata fin dall&rsquo;origine non soltanto dalla comune esigenza di motori di minimo peso e di brillanti prestazioni, ma anche dall&rsquo;essere entrambi veicoli a equilibrio dinamico e dalle caratteristiche di guida simili. Storie inedite sono nate indagando anche sul legame fra motociclismo e cronaca nera. Incredibilmente &egrave; emerso che Henri D&eacute;sir&eacute; Landru, un criminale assassino che uccise e bruci&ograve; nella &ldquo;cucina economica&rdquo; di casa un ragazzo e dieci donne, nel febbraio del 1899 aveva brevettato una bicicletta a motore di sua realizzazione, trasformabile facilmente in triciclo, e l&rsquo;anno dopo l&rsquo;aveva esposta al Salone delle Macchine di Parigi. Jos&eacute; Mar&iacute;a Bult&oacute;, membro della famiglia originaria della Bultaco, rimase ucciso nel 1977 tentando di togliersi di dosso una bomba che gli era stata fissata al torace da terroristi del cosiddetto &ldquo;esercito popolare catalano&rdquo;. Si salv&ograve; invece Gianmarco Dolce, direttore della Gilera-Argentina, condannato a morte dall&rsquo;ERP, ossia l&rsquo;esercito rivoluzionario del popolo. Dolce, originario della provincia di Treviso, scamp&ograve; nascondendosi con la famiglia finch&eacute; il pericolo non fu scampato. Ben dieci di Polvere di Stelle sono state dedicate alla storia del Motocross, quattro a quella delle donne in moto, cinque alle industrie giapponesi scomparse, tre alla motocicletta vista dagli artisti nel periodo del Futurismo. Tutte ricerche che mi hanno coinvolto profondamente arricchendomi e tenendo allenato quel cervello che l&rsquo;et&agrave; ormai molto avanzata vorrebbe far funzionare a passo ridotto. Molto piacevole &egrave; stato anche il rapporto con voi lettori, in particolare con coloro che mi hanno scritto ponendomi domande alle quali mi sono sforzato di dare risposte adeguate alle aspettative. Le lettere dei lettori   A volte, queste lettere erano legate a storie lette su Polvere di Stelle. Come quando raccontai delle mie sfide giovanili con la Morini Corsaro Veloce contro un bolognese su Ducati senza precisarne il nome: ebbene, lui lesse Motosprint, si riconobbe e mi scrisse ricordando l&rsquo;episodio. O quella volta che, dopo aver narrato la mia gita da bambino sulla vetturetta 125 cm&sup3; a tre ruote Mivalino guidata da un prete, un medico di Rimini mi invi&ograve; una e-mail dicendosi parente del sacerdote e proprietario di quel veicolo, che metteva a mia disposizione per un&rsquo;altra gita a distanza di almeno quarant&rsquo;anni. Non dimenticher&ograve; la soddisfazione provata allorch&eacute; ricevetti una lettera da Philippe Vailati, nipote di Silvio Vailati, pilota di classe internazionale negli anni Trenta, morto in gara a Genova nel 1940, il quale ignorava completamente come anche il bisnonno Ernesto fosse stato campione in moto. Lo aveva letto su Polvere di Stelle e mi chiedeva notizie. Gliele diedi: Ernesto Vailati, tra il 1911 e il 1925, fu uno dei pi&ugrave; forti piloti italiani, vinse gare prestigiose, come il Circuito di Brescia nel 1912 e quello di Cremona nel 1921; domin&ograve; due volte la sua classe al Circuito del Lario e partecip&ograve; anche al settimo (1913) Tourist Trophy, dove fu costretto al ritiro per un guasto alla sua Rudge. Recentemente su Polvere di Stelle sono apparse le storie sulle origini del motociclismo in Russia, Cina e Argentina; in particolare le prime due hanno comportato ricerche molto difficili in quanto su libri, vecchie riviste o su internet praticamente non esistono notizie. O meglio, esistono nel web, ma scritte in russo o in cinese e spesso contraddittorie; tradurle e verificarle &egrave; stata una vera impresa. Quanto all&rsquo;Argentina, dopo la pubblicazione &egrave; giunta a Motosprint, graditissima, una lettera di Benedicto Caldarella, il non dimenticato pilota ufficiale della Gilera 500 quattro cilindri, protagonista di un grande duello, con tanto di giro pi&ugrave; veloce a suo merito, contro Mike Hailwood e la MV a Monza nel 1964. Termino qui la lunga escursione nei vent&rsquo;anni di questa rubrica ringraziando ancora chi ha avuto la bont&agrave; di seguirla costantemente. Nella prima puntata del nuovo anno avrei dovuto pubblicare, come al solito, una retrospettiva su scoperte e fatti eclatanti riguardanti direttamente o indirettamente il motociclismo negli anni recanti il 23 nelle ultime due cifre. Ho fatto un&rsquo;eccezione. Perdonatemi, ma di rubriche che su un giornale vanno avanti per vent&rsquo;anni non ce ne sono tante&hellip;       

Questa rubrica taglia un prestigioso traguardo: una storia fatta di ricerche e ricordi

I primi vent'anni di Polvere di Stelle

        Chi segue questa rubrica &egrave; senz&rsquo;altro a conoscenza dell&rsquo;ostinazione con cui collego continuamente la storia della motocicletta a quella dell&rsquo;aeroplano. Il motivo? Sono entrambi veicoli a equilibrio dinamico, presentano molte similitudini di guida e sono accomunati da una strettissima parentela industriale che risale alle origini della motorizzazione veicolare. Polvere di Stelle: l'antesignano dell'holeshot &nbsp; Il rapporto tra le moto... e le eliche  La moto, ho sempre sostenuto, &egrave; un aeroplano senza le ali. E senza l&rsquo;elica, si potrebbe aggiungere. Invece no! Qualcuno non ha resistito alla tentazione e la moto a elica l&rsquo;ha voluta sperimentare in passato e anche recente mente. Polvere di Stelle non lo poteva quindi ignorare&hellip; Gi&agrave; alla fine del 1800, in un momento in cui i vignettisti dell&rsquo;epoca si dilettavano a immaginare le situazioni pi&ugrave; buffe e le idee pi&ugrave; stravaganti collegate al diffondersi dei nuovi veicoli a motore terrestri e aerei, si potevano trovare sui giornali disegni di assurde moto a elica, con i piloti attenti a non farsi tagliare il naso da quelle lame rotanti. Ma prestissimo le fantasie burlesche si trasformarono in realt&agrave; e il primo a cimentarsi in questa impresa fu un italiano in Francia, l&rsquo;ormai ben noto ai lettori di questa rubrica Alessandro Anzani. Nel 1903 i fratelli Wright erano riusciti a sfatare il mito che fosse impossibile sollevarsi da terra e volare con un mezzo pi&ugrave; pesante dell&rsquo;aria, un successo che aveva destato clamore ed enorme interesse soprattutto in Europa. Tre anni dopo, Anzani lavorava a Parigi per le officine Buchet, le pi&ugrave; note nella Capitale per la produzione e l&rsquo;elaborazione di motori di ogni genere, e meditava di mettersi in proprio a produrre motori per la nascente aviazione. Era gi&agrave; notissimo come corridore motociclista e come tecnico, per cui non fu sorprendente il fatto che Ernest Archdeacon, il fondatore dell&rsquo;Aero Club di Francia, si rivolse a lui chiedendogli di studiare il comportamento di un&rsquo;elica aeronautica a differenti velocit&agrave;. &nbsp; Il progetto di Anzani  Anzani non ebbe difficolt&agrave; a concepire un progetto adatto allo scopo: modificato un telaio da moto a culla chiusa, allungandolo e dotandolo di robusti supporti tubolari a traliccio per l&rsquo;albero dell&rsquo;elica, vi piazz&ograve; trasversalmente un motore, quindi fiss&ograve; un&rsquo;elica all&rsquo;estremit&agrave; anteriore del suo lungo albero, pi&ugrave; avanzata della ruota direttrice. Il motore era un Buchet bicilindrico a &ldquo;V&rdquo; di 725 cm&sup3; (76x80 mm) con carter in alluminio, cilindri in acciaio e raffreddamento ad aria. Erogava 6 CV a 1800 giri ed era collegato all&rsquo;albero dell&rsquo;elica, lungo 1,5 metri, da una trasmissione a cinghia con due pulegge di differente diametro. L&rsquo;elica a due pale, del diametro di 1,45 metri, era d&rsquo;alluminio, con numerosi fori di alleggerimento e rivestita di pelle; il suo regime massimo di rotazione andava da 900 a 1100 giri al minuto. Battezzato &ldquo;Aeromotocicletta&rdquo;, questo straordinario veicolo a due ruote, che in tutto pesava 70 kg, il 12 settembre 1906 fu portato su un tratto di strada chiuso al traffico ad Acheres, una ventina di chilometri a ovest di Parigi. Guidato personalmente da Alessandro Anzani, e alla presenza di Ernest Archdeacon, fu collaudato a lungo e spunt&ograve; il miglior risultato percorrendo il chilometro in 45,4 secondi alla media di 79,3 km/h. Per Anzani l&rsquo;aeromotocicletta fu il primo passo verso l&rsquo;impegno industriale nell&rsquo;aeronautica, che nel 1909 gli diede fama internazionale per aver fornito un suo motore a tre cilindri a ventaglio (prima sperimentato in corsa su una motocicletta) al monoplano con cui Luis Bleriot riusc&igrave; per primo ad attraversare in volo il canale della Manica. Nessun dubbio che l&rsquo;anomala propulsione di questa moto fosse finalizzata soltanto allo sviluppo di un&rsquo;elica massimamente efficiente per l&rsquo;aviazione. Altri esperimenti furono tentati per&ograve; pi&ugrave; tardi senza questo obiettivo. Nel 1918 un ingegnere francese, Marcel Leyat, brevett&ograve; una specie di quadriciclo con elica trainante frontale a quattro o sei pale in legno circondata da un anello di protezione in acciaio. Il veicolo era costituito da quattro ruote da motocicletta, un semplice telaio, una carrozzeria che ricordava la fusoliera di un aeroplano e che ospitava due persone disposte in tandem, e da un motore bicilindrico orizzontale da 8 CV a 1400 giri; il raffreddamento era garantito dal flusso d&rsquo;aria generato dalla rotazione dell&rsquo;elica. Leyat produsse per alcuni anni questo quadriciclo con il nome di Helice; oggi un esemplare &egrave; esposto al Conservatorio d&rsquo;Arti e Mestieri di Parigi. Nel 1920 &ndash; lo stesso anno in cui entr&ograve; in produzione l&rsquo;Helice &ndash; a Parigi circol&ograve; una bicicletta Peugeot spinta da un motore Sicam 100 cm&sup3; a due tempi che azionava un sistema di propulsione a elica posteriore bipala montata direttamente all&rsquo;uscita dell&rsquo;albero motore. Anche in questo caso era stato adottato un sistema di protezione mediante un anello d&rsquo;acciaio attorno all&rsquo;elica. Le scarne informazioni reperite asseriscono che questo veicolo fu progettato e realizzato dalla Peugeot, ma &egrave; assai pi&ugrave; probabile che si sia trattato di un esperimento &ldquo;fatto in casa&rdquo; da un emulo di Anzani&hellip; &nbsp; Il record BMW   Diversi veicoli del genere furono realizzati anche negli anni seguenti da privati in vena di originalit&agrave;: in realt&agrave; tutte le immagini reperibili su internet mostrano biciclette con applicato posteriormente un motorino e un&rsquo;elica, o addirittura una bicicletta il cui pilota reca sulle spalle una specie di zainomotore corredato di elica. L&rsquo;idea pi&ugrave; rivoluzionaria &egrave; per&ograve; di questi giorni: si chiama Flying Bike ed &egrave; una motocicletta-drone su cui stanno lavorando tre aziende ceche: Technodat, Evektor e Duratec. Ha sei eliche orizzontali: due frontali doppie con quattro motori elettrici da 10 kW, pi&ugrave; due laterali con motori da 3,5 kW.. Pu&ograve; decollare verticalmente e volare, inoltre, quando il veicolo &egrave; a terra, le eliche laterali possono essere ruotate di 90&deg; e spingere il veicolo in velocit&agrave; come fosse una motocicletta. Un ultimo cenno, fuori tema, ma dedicato ai tanti sostenitori della &ldquo;marca dell&rsquo;elica&rdquo;, cio&egrave; la BMW: nel 1931 la Casa bavarese, lanciatissima nei settori moto, auto e aeronautica, si ciment&ograve; in un&rsquo;impresa del tutto originale: tentare il record mondiale assoluto ferroviario di velocit&agrave; con un treno propulso a elica. Questa, a quattro pale, era posta sul frontale di un locomotore aerodinamicamente profilatissimo e con capacit&agrave; di 40 posti a sedere in un ambiente accuratamente arredato. Il motore era un 12 cilindri aeronautico BMW da 600 CV che si dimostr&ograve; sufficiente a consentire al treno di raggiungere, tra Karst&auml;dt e Dergenthin, sulla linea Berlino-Amburgo, la velocit&agrave; di 231 km/h, primato che venne battuto soltanto nel 1954. Polvere di Stelle: ascesa e declino della Caproni       

L&rsquo;incredibile progetto di Anzani nel 1906 apr&igrave; la strada agli esperimenti legati alla propulsione a elica: biciclette, quadricicli e persino un treno...

Polvere di Stelle: l'aeromoto e i suoi eredi

        Da Casa Polini arriva una grande novit&agrave;, un&nbsp;nuovo variatore Hi-Speed, concepito per sfruttare al massimo la potenza dello scooter Peugeot. Ecco di seguito la spiegazione nel dettaglio. Migliore accelerazione per il variatore Hi-Speed  Le partenze da fermo saranno pi&ugrave; scattanti: &egrave; questo che assicura Polini presentando il suo nuovo prodotto. Grazie al nuovo regime di rotazione del motore, infatti, migliorer&agrave; l&rsquo;accelerazione per raggiungere prima la velocit&agrave; massima. Il nuovo variatore Hi-Speed Polini &egrave; stato progettato per lo scooter Peugeot Kisbee 50 4T Euro 5 e gli permetter&agrave; di sfruttare al massimo la potenza. Tutti i dettagli del prodotto  E Polini, come sempre, ha ideato questo prodotto nei minimi particolari: la semipuleggia &egrave; stata disegnata con gradi differenti per permettere alla cinghia di aumentare l&rsquo;escursione. L&rsquo;interno delle piste rulli ha sub&igrave;to un trattamento di brillantatura per migliorare lo scorrimento, mentre la molla di contrasto ha un carico maggiorato del 15%. I rulli sono ricoperti con una specifica mescola di materiale di nylon e fibre aramidiche. Disponibili nella confezione una serie di rulli da 6,3 grammi. Codice: 241.762 Prezzo al pubblico Euro 60,50 + iva 100% Made in Italy Petrucci stringe i denti: debutto nel Motoamerica a rischio per infortunio         

Ecco nel dettaglio il nuovo prodotto progettato per lo scooter Peugeot Kisbee 50

Polini presenta il nuovo variatore Hi-Speed, per partenze più rapide

        La prima sfida fra veicoli a motore fu la Parigi&ndash;Rouen del 1894. Su questo tutti gli storici sono d&rsquo;accordo, anche se un&rsquo;aspra polemica fu sollevata all&rsquo;epoca da chi era arrivato effettivamente primo al traguardo, il conte Albert De Dion con la sua vettura a vapore, contrapposto alla giuria, che attribu&igrave; la vittoria ad Albert Lema&icirc;tre, su Peugeot con motore a scoppio, poich&eacute; il regolamento prevedeva altri parametri di giudizio e non soltanto l&rsquo;ordine d&rsquo;arrivo. Polvere di stelle: la dinastia Caldarella &nbsp; Il primato&nbsp;  La Parigi&ndash;Rouen fu dunque la prima sfida, ma non la prima gara di velocit&agrave; pura. Questo primato viene attribuito alla Parigi-Bordeaux-Parigi, dell&rsquo;11 giugno 1895, che vide la clamorosa affermazione (tagli&ograve; il traguardo con sei ore di vantaggio sul secondo classificato) di Emile Levassor su vettura Panhard&amp;Levassor con motore Daimler a benzina. Alla corsa non parteciparono soltanto auto, ma anche una rappresentanza di veicoli a motore &ldquo;alternativi&rdquo;: un paio di tricicli, un quadriciclo e due motociclette, una Hildebrand &amp; Wolfmuller &ldquo;Motorrad&rdquo; (in Francia si chiamava &ldquo;Petrolette&rdquo;) e una Millet, che non completarono il percorso. Per verit&agrave; storica storica, per&ograve;, preciso che il primato della Parigi-Bordeaux-Parigi andrebbe attribuito alla Torino-Asti-Torino che venne disputata il 18 maggio 1895, cio&egrave; 24 giorni prima, e che fu vinta da Simone Federman su Omnibus Daimler a quattro posti. Va detto comunque che rispetto alla grande corsa francese, quella italiana fu una breve sfida fra appena cinque concorrenti, di cui tre su vetture e due su moto Hildebrand&amp;Wolfmuller, una delle quali guidata dallo stesso costruttore tedesco Alois Wolfmuller, che si piazz&ograve; secondo, l&rsquo;altra da Giovanni Battista Ceirano, uno dei pionieri torinesi dell&rsquo;automobilismo, giunto terzo.  A dimostrazione per&ograve; che la Torino-Asti-Torino non fu soltanto una gara &ldquo;parrocchiale&rdquo; basti dire che all&rsquo;arrivo il vincitore fu festeggiato dallo stesso Gottlieb Daimler, giunto apposta dalla Baviera. Da quel momento le corse di velocit&agrave; si moltiplicarono nei principali Paesi europei e anche in America, ma ancora per alcuni anni auto, tricicli e moto continuarono a correre insieme, spesso con classifica unica, a volte con graduatorie separate, ma insieme. &nbsp; La prima gara riservata alle due ruote  Quale fu quindi la prima corsa riservata esclusivamente alle motociclette? Nei libri di storia del motociclismo e del suo sport non si trova la risposta, a eccezione di uno, &ldquo;La motocyclette en France 1894-1914&rdquo; opera autorevolissima di Jean Bourdache, che nel corso della sua certosina ricerca su quel periodo pionieristico del motociclismo ha individuato quella che a suo credibile giudizio &egrave; stata la prima manifestazione riservata ai soli veicoli motorizzati a due ruote. L&rsquo;evento, organizzato dal giornale &ldquo;Le V&eacute;lo&rdquo;, porta la data del 23 luglio 1899 e si disput&ograve; su una distanza di 100 chilometri fra Etampes e Chartres, a sud-ovest di Parigi. Bourdache nel suo libro riporta anche la cronaca della gara, redatta da Maurice Ch&eacute;ri&eacute;, inviato del periodico &ldquo;La France Automobile&rdquo;: &ldquo;Nella mattinata, tredici concorrenti su venticinque iscritti portarono le loro macchine alla pesatura presso la fabbrica Canet situata all&rsquo;uscita di Etampes. Il via venne dato alle due del pomeriggio alla presenza di un centinaio di curiosi. Questa la lista dei partenti: Vasseur (Durey) 42 kg; Cousin (Werner) 41 kg; Leonard (Werner) 35,5 kg; Bonnard (Werner) 38 kg; De Sarcy (Werner) 37 kg; Maurice (Werner) 38,6 kg; Pierre (Werner) 38 kg; Durey (Durey) 40,4 kg; Andr&eacute; (Durey) 41,4 kg; Bloomy (Durey) 41 kg; Labitte (Pernoo) 43,6 kg; Labre (Labre et Lamaudi&egrave;re) 29,6 kg; Leroy (Labre et Lamaudi&egrave;re) 28,6 kg&rdquo;. La gara era intitolata &ldquo;Corsa per biciclette a motore&rdquo; e il regolamento prevedeva che il loro peso complessivo fosse inferiore a 50 kg. Non si potevano certo definire &ldquo;moto da corsa&rdquo;, per&ograve; le differenze di peso, anche rilevanti fra modelli uguali, rivelavano qualche intervento di alleggerimento da parte dei piloti, volto senz&rsquo;altro a cercare prestazioni pi&ugrave; elevate. La cronaca cos&igrave; continua: &ldquo;Alla partenza si forma in testa un plotone composto da Cousin, Leonard e Labitte, gli altri si sgranano su due chilometri; Vasseur recupera facendo uso esclusivamente dei pedali; De Sarcy &egrave; vittima dello scoppio di un pneumatico che provoca la sua violenta caduta in un fosso. A Chartres, Labitte pedalando senza tregua arriva per primo in 3h16&rsquo; davanti a Cousin (3h18&rsquo;), Leonard (3h19&rsquo;), Andr&eacute; (3h25&rsquo;), Pierre (3h28&rsquo;) e Bonnard (3h28&rsquo;). Al ritorno verso Etampes, Leonard va a condurre, ma gli si sfila un pedale e perde un quarto d&rsquo;ora nella riparazione. Cousin e Labitte danno vita a un bel duello che volge a favore del primo, ma ad Ablis per eccessiva prudenza si ferma a far rifornimento e Labitte, facendo forza sui pedali, lo raggiunge e gli strappa la vittoria con 50 secondi di vantaggio&rdquo;. &nbsp; Il vincitore   Il vincitore di questa prima corsa della storia del motociclismo agonistico fu dunque Eug&egrave;ne Labitte sulla moto costruita da Ernest-Leon Per noo, un esperto meccanico che aveva lavorato presso l&rsquo;importatore parigino delle biciclette e dei tricicli inglesi Rudge. A differenza dell&rsquo;avversaria Werner, che aveva il motore da &frac34; di CV e dal peso di 10 kg davanti al manubrio e la trazione anteriore, il propulsore della Pernoo era posizionato dietro la ruota posteriore a cui era collegato con una trasmissione a cinghia. La corretta distribuzione dei pesi non teneva ancora banco fra i tecnici dell&rsquo;epoca&hellip; La vittoria di Eug&egrave;ne Labitte fu doppia perch&eacute; il motore della Pernoo, un monocilindrico a quattro tempi raffreddato ad aria di 220 cm&sup3;, della potenza di 1,25 CV, pesante soltanto 8,4 kg, portava la firma sua e di suo fratello Hyppolite. Ernest-Leon Pernoo si illuse senz&rsquo;altro che questa vittoria potesse lanciare le sue moto sul mercato, invece appena due anni dopo la piccola azienda and&ograve; in bancarotta. Un esemplare del 1899 era per&ograve; conservato nella collezione Lefranc a Suryle-Comtal ed &egrave; stato venduto all&rsquo;asta di &ldquo;Retromobile&rdquo; nel 2018 a 47.680 Euro. Oltre alla Pernoo e alla ben nota Werner, alla corsa del 1899 parteciparono altre due marche: la Labre et Lamaudi&egrave;re e la Durey. La prima era prodotta da Paul-Jules Labre (che la port&ograve; in gara senza fortuna a causa dell&rsquo;aggressione di un cane) con il fratello Francois in una piccola fabbrica di Levallois-Perret, alla periferia di Parigi. Il motore era un monocilindrico quattro tempi raffreddato ad aria di 154,4 cm&sup3; con alesaggio e corsa di 55x65 mm che erogava 1,5 CV a 2000 giri ed era posizionato lungo il tubo reggisella costituendone elemento integrante. Il veicolo completo pesava meno di 30 kg. Delle caratteristiche della Durey si sa pochissimo, mentre ne esiste un disegno da cui si vede che il motore &egrave; collocato all&rsquo;interno del telaio, in posizione gi&agrave; pi&ugrave; accettabile rispetto a quelle adottate dai suoi concorrenti. La potenza era di 1,2 CV a 1200 giri. Polvere di stelle: Argentina, figlia dell'Europa       

Nel 1899, il francese vinse la prima gara riservata alle due ruote a motore, in qualit&agrave; di pilota e di costruttore del motore della sua Pernoo

Polvere di stelle: Labitte, il primo vincitore della storia

        Abbiamo dato voce a Marco Melandri, attualmente nell'occhio del ciclone della cronaca per sue esternazioni che hanno alzato un polverone mediatico notevole. Aggiungiamo, adesso, l'opinione di un avvocato, non per porre ulteriori pressioni sulla situazione del ravennate, quanto per spiegare quale sia il valore dell'immagine nelle esternazioni di un personaggio pubblico. Lei &egrave; Federica Costa, gi&agrave; raggiunta pi&ugrave; volta e rivelatasi utile una prima volta e poi ancora nella faccenda legata a Marc Marquez, espressasi sul caso di Andrea Iannone, disponibile ed esaustiva, inserita nel settore e nel mondo imprenditoriale e motociclistico, con particolare attenzione proprio alla contrattualistica. La prima domanda che le porgiamo &egrave; diretta: cosa sta accadendo nelle ultime ore a Marco Melandri? Ecco il suo intervento: "Sulla base di quanto reso noto, sembrerebbe che Melandri si sia lasciato scappare qualche dichiarazione di troppo, soprattutto in ragione del ruolo da lui ricoperto e dell&rsquo;importanza della sua immagine. Egli avrebbe infatti dichiarato in pi&ugrave; interviste e in differenti occasioni di aver cercato appositamente di prendere il virus con l&rsquo;obiettivo di contagiarsi volontariamente, e poter avere poi il certificato senza dover ricorrere al vaccino. L&rsquo;ex pilota avrebbe poi proseguito esprimendo forti considerazioni negative in merito al Green Pass ed avrebbe preso parte, quale oratore, ad una manifestazione organizzata con l&rsquo;obiettivo di opporsi alle recenti disposizioni normative tenutasi lo scorso 15 gennaio.&nbsp;Tutto ci&ograve; lo ha portato all&rsquo;interno di una vera e propria bufera, sia mediatica, sia social, oltre che in termini di possibili provvedimenti". Pensiero lecito di Melandri, tuttavia evitabile   La parola va direttamente a Federica: "Marco da tempo, tramite i social, si palesa contro il cosiddetto &ldquo;obbligo&rdquo; vaccinale ritenendolo una sorta di &ldquo;ricatto&rdquo; ed esprimendo palesemente le sue contrariet&agrave; alle misure di contegno del contagio promosse dal Governo. Cos&igrave; facendo, avrebbe alimentato lo scambio di reazioni tra vaccinati e non. Tra l&rsquo;altro proprio sui social, numerosi sono stati i commenti sfavorevoli alle esternazioni di Melandri". Melandri ha espresso un suo pensiero. Non &egrave; lecito farlo? "Certamente. Tutti noi siamo liberi di avere il nostro pensiero e di poterci esprimere o confrontare; tuttavia, a mio parere, &egrave; sempre bene utilizzare i corretti termini per esprimerci. In pi&ugrave;, bisogna prestare particolare attenzione alla posizione che si ricopre. Mi spiego meglio: limitandomi a leggere le interviste rilasciate, Marco sembrerebbe non aver espresso il proprio pensiero con la dovuta cautela, anzi, sembrerebbe aver utilizzato termini particolarmente forti e frasi ben mirate a toni di ferma opposizione e di polemica: ritengo che, se avesse espresso il medesimo concetto utilizzando parole ed enfasi differenti, forse non si troverebbe in questa situazione di evidente difficolt&agrave;. Queste problematiche poi si appesantiscono in ragione del ruolo di Marco". Melandri &egrave; un personaggio pubblico con i fari puntati 24 ore al giorno   Il concetto del titolo qui sopra lo spiega l'Avvocato:&nbsp;"Marco Melandri &egrave; indiscutibilmente un personaggio pubblico, attorno a cui ruotano sostenitori, ideali e sponsor. Quando si ricopre una certa posizione di visibilit&agrave; e quando si detiene una immagine di un certo spessore, a mio parere, bisogna mantenere un profilo pacato di fronte a certi eventi, cos&igrave; come, sempre secondo il mio punto di vista, bisognerebbe prestare particolare attenzione a come ci si pone ed a come si manifesta un proprio pensiero. Essere un personaggio pubblico infatti comporta avere i fari puntati h24 ed avere una immagine da tutelare e gestire nel migliore nei modi. Tutto ci&ograve; sarebbe stato da evitare, a prescindere dal pensiero, ma proprio in ragione del 'personaggio' quale &egrave; Marco Melandri ed in forza delle inevitabili conseguenze che ne sarebbero derivate". Si riferisce allo sponsor? "Anche. Non possiamo dimenticare che stiamo vivendo un momento particolarmente delicato in ragione della pandemia. La sensibilit&agrave; in merito &egrave; particolarmente alta ed esporsi in certe posizioni con certi termini &egrave; assolutamente sconsigliato. Consideriamo che, comunque, anche in un periodo di vita &ldquo;normale&rdquo; (quindi al di fuori della questione Melandri e senza pandemia) certi comportamenti non andrebbero tenuti. Non dimentichiamo che, a prescindere dalla situazione attuale, in un qualsiasi contratto promo-pubblicitario &egrave; fondamentale la tutela ed il rispetto dell&rsquo;immagine. A ci&ograve; aggiungiamo che in molteplici contratti, tra i possibili motivi di scioglimento anticipato del rapporto, con correlata possibilit&agrave; risarcitoria per i danni subiti, vi &egrave; proprio la lesione dell&rsquo;immagine, come pure la pubblicazione di dichiarazioni potenzialmente lesive o anche situazioni sconvenienti legate alla vita privata dell&rsquo;individuo. Se ci riflettiamo sono tutte situazioni che minano l&rsquo;immagine del soggetto e, di riflesso, quella dello sponsor". Di fatto per&ograve; Marco non ha avanzato frasi sconvenienti nei riguardi dei propri sponsor. "S&igrave;, ma quando una societ&agrave; crea una collaborazione con un atleta o comunque con un personaggio, imprime letteralmente il proprio brand su quest&rsquo;ultimo (lasciatemi passare il concetto ovviamente) ed intende veicolare il proprio messaggio ed il proprio marchio per il tramite del personaggio pubblico. Nessuna azienda vorrebbe che il proprio brand venisse associato ad un personaggio che si pone in una posizione &ldquo;nebulosa&rdquo; o critica.. tutt&rsquo;altro. Per una societ&agrave; &egrave; fondamentale che il personaggio prescelto possa portare avanti i valori del brand e possa diffondere un messaggio positivo correlato al marchio stesso ed all&rsquo;azienda. Un&rsquo;immagine negativa del personaggio trasferisce indirettamente un&rsquo;immagine negativa anche ai brand associati al personaggio stesso. Entrando nel dettaglio, la questione di Marco Melandri vede in parallelo la rinuncia al rinnovo contrattuale da parte dello sponsor Trentino Marketing". Secondo lei, il mancato rinnovo sarebbe correlato alle dichiarazioni rese da Marco? "Rimettendomi alle parole dell&rsquo;Amministratore Delegato dott.Rossini, il contratto con l&rsquo;ex pilota era gi&agrave; in scadenza senza la previsione del cosiddetto &ldquo;rinnovo automatico&rdquo;. In queste situazioni le parti possono permettere che il rapporto si sciolga in automatico per sua naturale scadenza, oppure, in prossimit&agrave; di scadenza dei termini, possono incontrarsi e rinegoziare o stipulare un nuovo accordo.. contratto che potr&agrave; ricalcare il precedente o presentare alcune modifiche e/o adattamenti alla situazione ed alle necessit&agrave; ovviamente. Nella fattispecie, il contratto era in appunto in scadenza e la societ&agrave; avrebbe riferito di non voler rinnovare il contratto. Chiaramente, sempre in ragione di una necessaria cautela nelle dichiarazioni, il dott. Rossini non ha espresso particolari pensieri in merito alle affermazioni rese da Melandri, limitandosi appunto a riferire che la societ&agrave; si sarebbe dissociata da tutto quanto accaduto e pubblicato dall&rsquo;ex pilota". Sponsor Regione Trentino non rinnovato per Melandri  Potrebbe essere che, forzata dalla pandemia, la societ&agrave; abbia scelto di non rinnovare il contratto per una questione economica? Il suggerimento &egrave; partito da Federica, che esplode il discorso: "Non credo. La societ&agrave; ha espressamente reso noto di non rinnovare l&rsquo;accordo con Melandri intendendo intraprendere e creare altre sinergie sempre con l&rsquo;obiettivo di promuovere il brand e &ldquo;veicolare l&rsquo;immagine del territorio. Vorrei porre l&rsquo;attenzione dei lettori anche sulla societ&agrave; stessa. Trentino Marketing &egrave; una realt&agrave; nata con lo scopo di incentivare, promuovere e sviluppare il turismo nel Trentino Alto Adige, o meglio, espressamente per &ldquo;favorire lo sviluppo sostenibile del sistema trentino&rdquo;. La sua Mission &egrave; volta a &ldquo;coltivare l&rsquo;ambizione di migliorare la reputazione e l'immagine del Trentino, la sua capacit&agrave; di accogliere e di ospitare persone da tutto il mondo, le performance economiche connesse ai flussi turistici rafforzando il Brand Trentino e comunicando i suoi valori, rendendoli conosciuti nel mondo&rdquo;. Melandri, con le proprie dichiarazioni &egrave; andato direttamente ad intaccare la positivit&agrave; della mission aziendale, manifestando una forte opposizione alle disposizione normative in un momento, per di pi&ugrave; in cui la situazione pandemica di quella regione &egrave; di stretta sorveglianza e criticit&agrave; poich&eacute;, come ben sappiamo, lo stesso presidente della Provincia di Trento ha evidenziato il possibile passaggio dell&rsquo;area gi&agrave; nelle prossime ore nella cosiddetta &ldquo;zona arancione&rdquo; . A ci&ograve; si aggiunge che la Provincia autonoma di Trento promuove lo sport quale veicolo di buone abitudini, di salute e di un&rsquo;immagine positiva del territorio, avendo anche recentemente approvato la nuova legge sullo sport che identifica il ruolo dello sport anche come volano e strumento di promozione del Trentino stesso. Insomma, va da s&eacute; che il brand non poteva che prendere le distanze dalle affermazioni di Melandri e dalla bufera che lo ha conseguentemente investito" La societ&agrave; potrebbe anche chieder ei danni a Melandri? "Dipende dalla data effettiva di scioglimento naturale del contratto: se posteriore ai fatti, s&igrave;; se antecedente, il tutto potrebbe risolversi come un &ldquo;non rinnovo&rdquo; contrattuale". Melandri per&ograve; poi si &egrave; scusato pubblicamente ed ha chiarito la sua posizione. Cosa ne pensa? "Non poteva fare diversamente. Se le sue parole sono state male interpretate &egrave; corretto e doveroso il suo intervento per poter chiarire la questione &hellip; ed ovviamente &egrave; necessario che ci&ograve; avvenga pubblicamente. E, anche qualora in realt&agrave; quanto espresso fosse reale manifestazione del suo pensiero, &egrave; necessario un suo intervento per smorzare (o cercare di smorzare) i fuochi e placare (o cercare di placare) le acque.. sia con riflesso sui social, sia con riflesso sulla sua immagine e su tutti gli sponsor con contratto in essere che potrebbero quindi convocare Melandri e considerare uno scioglimento anticipato del rapporto o una rinegoziazione del contratto o ancora ipotizzare una richiesta risarcitoria. Ovviamente ciascuna azienda far&agrave; le proprie valutazioni, ma il caso non &egrave; poi cos&igrave; lontano dall&rsquo;iniziativa gi&agrave; intrapresa da Lacoste o da Peugeot con l&rsquo;atleta Djokovic. Tanto pi&ugrave; si mina l&rsquo;immagine, quanto pi&ugrave; vacilla lo sponsor". Federica, una seconda domanda diretta: come ritiene il comportamento di Marco Melandri? "Secondo me lui &egrave; scivolato su un tema dal quale probabilmente, avrebbe dovuto stare lontano. Il suo ritrattare ora &egrave; minato dai numerosi post e dall&rsquo;aver preso parte ad una manifestazione il cui oggetto era ben mirato. Le parole possono essere fraintese e dunque meglio argomentate, ma credo che alle aziende dovr&agrave; per lo pi&ugrave; giustificare il suo ruolo di oratore nella manifestazione. Sinceramente sono dispiaciuta di fronte all&rsquo;accaduto; spero vivamente che tutta la questione possa veramente sistemarsi con uno scambio di mano e con precisazioni sulle parole utilizzate, nel rispetto del pensiero di tutti e nei doveri di vivere in una comunit&agrave;, di scopo finalizzata alla realizzazione di uno specifico interesse pubblico impegnata nell&rsquo;ideazione, realizzazione e promozione di iniziative e progetti orientati allo sviluppo del turismo trentino". Storie italiane: Francesco Cavalli, l'uomo che sussurra ai piloti &nbsp; &nbsp; &nbsp;       

Federica si &egrave; espressa in merito alle parole del ravennate: "Suo &egrave; il diritto di parola ma, essendo Marco noto e legato a sponsor, ha rischiato di ledere la positivit&agrave; delle aziende che lo supportavano"

L'Avvocato Costa: “Melandri ha fatto bene a scusarsi”

La Dakar 2022 si chiude con un triste epilogo. Dopo l&#39;incidente che aveva visto coinvolto Isaac Feliu, oggi, nell&#39;ultima tappa in programma, ci sarebbe stato un altro incidente, questa volta mortale. A comunicarlo, la stessa organizzazione della Dakar.  Quentin Laval&eacute;e il pilota coinvolto   &quot;Questa mattina alle 11:30 - si legge nella nota stampa - si &egrave; verificato un incidente che ha visto coinvolti un mezzo dell&#39;assistenza con un camion del luogo&quot;. L&#39;incidente si sarebbe verificato al km 234 e a rimanere coinvolto sarebbe stato il pilota 20enne Quentin Laval&eacute;e che si trovava alla guida dell&#39;auto dell&#39;assistenza del team PH Sport. Il giovanissimo meccanico francese non ce l&#39;ha fatta ed &egrave; morto nell&#39;impatto. Con lui, si trovava il pilota belga Maxime Fr&eacute;re che &egrave; stato portato subito al National Guards Hospital di Jeddah. Al momento del trasporto in ospedale era cosciente e sta facendo ancora degli accertamenti.  Il giovane Quentin era capomeccanico della Peugeot 205 Turbo 16 della squadra, mezzo al via della Dakar classic. La Dakar fa le sue pi&ugrave; sincere condoglianze alla famiglia di Quentin e a tutto il team PH Sport. A queste, si aggiungono anche le condoglianze da parte della redazione di Motosprint.  Esclusiva, Orioli su Petrucci: &quot;Sar&agrave; uno dei protagonisti 2023&quot; 

Ha avuto un epilogo amaro la Dakar 2022 che proprio nel giorno della sua utlima gara ha visto un incidente mortale

Dakar 2022: nell&#39;ultima tappa perde la vita il 20enne Quentin Lavale&eacute;

        Iniziamo questa nuova puntata della nostra sintetica storia del motociclismo argentino parlando della Zanella, certamente la Marca motociclistica pi&ugrave; importante e longeva del Paese. Juan e Santiago Zanella, che la fondarono assieme ai soci Ariodante Marcer e Mario De L&aacute;ser, erano anch&rsquo;essi di origine italiana come i fondatori della Tehuelche? A questa domanda non ho trovato una risposta ufficiale, per&ograve; mi azzardo ad affermare che possa essere positiva, visto che attualmente in Italia esistono quasi 4000 famiglie &ndash; soprattutto in Veneto e Lombardia &ndash; con questo cognome. Ebbene, una piccola fabbrica cominci&ograve; a operare con il marchio Zanella nel 1948 producendo serrature e componenti meccanici per la Fiat e la Peugeot. Polvere di Stelle: il giorno di gloria della Hazlewood Zanella-Ceccato  Nove anni dopo, dallo stabilimento di Caseros, citt&agrave; nell&rsquo;area metropolitana di Buenos Aires, usc&igrave; la prima motocicletta, la Zanella-Ceccato 100, costruita su licenza della Marca italiana. Era una brillante motoleggera con motore a due tempi che incontr&ograve; subito il gradimento del pubblico e che dopo pochi anni fu affiancata dalla versione di 125 cm&sup3;. In quel periodo il mercato della motocicletta di piccola cilindrata in Argentina era florido e per promuovere l&rsquo;immagine e le vendite dei propri modelli, le due aziende che andavano per la maggiore nel Paese, ossia Tehuelche e Zanella, diedero vita a continui scontri sul terreno delle corse di Velocit&agrave; (le Ceccato 75 e 100 da corsa a quattro tempi erano fornite direttamente dall&rsquo;Italia) alternandosi alla vittoria e creando grandi schieramenti di tifoserie. Sopraggiunse per&ograve; la crisi dei primi anni Sessanta, la Tehuelche si arrese e a quel punto la Zanella si ritrov&ograve; leader fra le fabbriche argentine di moto. Sua principale concorrente era la Gilera, con un grande stabilimento costruito nel 1953 in provincia di Buenos Aires, ma la propriet&agrave; era interamente italiana.  Se la Ceccato nel 1963 chiuse i battenti, la sua licenziataria argentina continu&ograve; invece a produrre, allargando la gamma ai ciclomotori e ai go-kart. Negli anni Settanta strinse quindi un nuovo accordo con una grande Marca italiana, la Piaggio, e lanci&ograve; una nuova linea di motociclette, fra le quali si distinse soprattutto la Sapucai 125-150, una monocilindrica due tempi (motore Minarelli) che divenne il best seller della Marca argentina fino al 1978, quando fu sostituita dalla &ldquo;Andina&rdquo;, di pari cilindrate, rivista in molti particolari estetici e tecnici e con motore Minarelli a due tempi da 15 CV. Nel decennio successivo la Zanella continu&ograve; a produrre moto con buon successo commerciale e inizi&ograve; anche a esportare nei principali Paesi dell&rsquo;America Latina e in Africa. Questa espansione la condusse, nei primi anni Novanta a tentare la strada della diversificazione industriale: uscendo platealmente dal seminato, costitu&igrave; la Zanella-Mare, che si occup&ograve; della lavorazione e della vendita del pesce, e la Zanella-Ariston, frutto di un accordo con la Casa italiana per la costruzione su licenza e distribuzione di elettrodomestici in Argentina. Entrambe le iniziative non ottennero per&ograve; il successo sperato. In campo motociclistico invece fu il momento di un accordo con la Yamaha, dal quale scatur&igrave; una nuova gamma di modelli da 50 a 250 cm&sup3;, moderni, ben fabbricati, che permisero alla Zanella di resistere alla crisi finanziaria che in quegli anni devast&ograve; l&rsquo;Argentina, il Messico e buona parte del Sud America. L&rsquo;alleanza con la Yamaha si concluse nel 1999 e un nuovo partner per la Marca di Caseros fu trovato nella Minarelli. La storia recente della Zanella &egrave; costellata di cambi di indirizzi al vertice aziendale e di nuovi accordi industriali con Paesi orientali in grado di fornire componentistica a basso costo. A un&rsquo;annata prodigiosa &ndash; la seconda per fatturato nella storia della Zanella &ndash; nel 2017, ha fatto seguito una profonda caduta di vendite che nel 2019 ha costretto la Casa argentina a porre all&rsquo;asta il Marchio e i beni. Acquistata nel 2020 dal Gruppo Iraola, fondato nel 1969 per la costruzione di ammortizzatori, &egrave; stata da questa affiancata al marchio Corven, a sua volta legato da accordi commerciali con Bajaj, Kymco e Kawasaki. Puma  L&rsquo;ultima Marca argentina inclusa in questa nostra panoramica &egrave; la Puma, che venne fondata nel 1953 a Villa Carlos Paz, localit&agrave; a pochi chilometri a ovest della citt&agrave; di Cordoba. La nascita di questa motocicletta era stata deliberata un anno prima all&rsquo;interno del piano statale di sviluppo autarchico dell&rsquo;industria motoristica e aeronautica voluto dal generale Peron, ed era stato proprio il presidente a promuovere la realizzazione di una &ldquo;moto per il popolo&rdquo; simile alla motoleggera tedesca G&ouml;ricke 98 avuta in dono dall&rsquo;Unione Studenti Secondari. Prima di avviare una produzione regolare, la copia argentina della G&ouml;ricke fu realizzata in venti esemplari di preserie che &ndash; coerentemente alla volont&agrave; del promotore &ndash; furono affidate per i collaudi non a tester professionisti, ma a semplici operai per l&rsquo;uso quotidiano. Passato quasi un anno di affinamenti e prove, inizi&ograve; la produzione in serie con un ritmo al debutto di 400 moto al mese.  La prima Puma era una 98 con motore monocilindrico a due tempi Sachs raffreddato ad aria e dotato di cambio a due rapporti; costava 6500 pesos contro i 9500 di un analogo modello di importazione. La buona affidabilit&agrave; e il prezzo conveniente decretarono il successo commerciale e convinsero cos&igrave; l&rsquo;azienda di Cordoba a investire su una serie di migliorie che contribuirono non poco a mantenere la Puma 98 ai vertici dello specifico segmento di mercato dei veicoli economici. Nel 1959, alla 98 venne affiancata una 125 di analoghe caratteristiche tecniche, mentre l&rsquo;estetica fu completamente rivista. I motori questa volta non erano Sachs importati, bens&igrave; costruiti su licenza dalle societ&agrave; Televel e Sequenza. L&rsquo;ultima versione della Puma, con cilindrata di 200 cm&sup3;, venne presentata nel 1963 e prodotta fino al 1966, ultimo anno di attivit&agrave; di questa azienda motociclistica di Stato. Complessivamente dal 1953 la sua catena di montaggio sforn&ograve; 105.675 motociclette. Polvere di Stelle: l'evoluzione dei cavi flessibili nelle moto       

La longeva Zanella ha beneficiato delle collaborazioni con Case straniere come Ceccato, Piaggio e Yamaha. La risposta &ldquo;autarchica&rdquo; fu rappresentata dalla Puma

Polvere di Stelle: i due volti dell'Argentina

Nel venerd&igrave; del Gran Premio dell&#39;Emilia Romagna sul circuito di Misano, il Max Racing Team e Husqvarna hanno reso noti i piani per il prossimo anno. La compagine capitanata da Max Biaggi affider&agrave; le due FR 250 GP al giapponese Ayumu Sasaki, gi&agrave; annunciato in precedenza, e all&#39;esperto John McPhee, il quale disputer&agrave; nel 2022 la sua ultima stagione nella classe leggera del Motomondiale.  McPhee, tra i piloti di maggior esperienza della Moto3, corre quest&#39;anno in sella alla Honda del team Petronas SRT e, passando a Husqvarna, cambier&agrave; Casa per la quarta volta dopo aver corso anche con KTM e Peugeot. Il 27enne di Briton ha inoltre corso in Moto2 ad Arag&ograve;n quest&#39;anno al posto di Jake Dixon, impegnato in MotoGP.  Ducati, svolta elettrica: sar&agrave; il nuovo fornitore unico della MotoE  Le parole di Max Biaggi   Il team principal Max Biaggi, sei volte campione del mondo, ha cos&igrave; commentato il completamento della propria squadra per la prossima stagione: &quot;Quest&#39;anno abbiamo portato il marchio Husqvarna sul gradino pi&ugrave; alto del podio, con risultati che hanno reso orgogliosa l&#39;intera squadra. Per il 2022 abbiamo dei piani ambiziosi e, per questo, abbiamo scelto due piloti di fama internazionale. Sasaki e McPhee rappresentano il talento e l&#39;esperienza e possono formare una line up di altissimo livello con cui ci auguriamo di poter arrivare nuovamente al top della categoria&quot;.  Cambio epocale, addio baby-prodigio: 18 anni l&#39;et&agrave; minima mondiale 

L&#39;esperto pilota britannico andr&agrave; ad affiancare il giapponese Sasaki nel team di Max Biaggi, che metter&agrave; nuovamente a loro disposizione due Husqvarna supportate ufficialmente

Moto3: McPhee completa la line up del Max Racing Team per il 2022

Pi&ugrave; volte ho citato su questa rubrica Giosu&egrave; Giuppone, probabilmente il pi&ugrave; forte in assoluto fra gli assi italiani del periodo pionieristico. Egli, ma anche Anzani, Lanfranchi e altri italiani e stranieri, sono stati ingiustamente dimenticati per aver compiuto le loro grandi imprese prima della Grande Guerra, l&rsquo;evento che con la sua tragica pazzia ha cancellato dalla memoria fatti e uomini che l&rsquo;hanno preceduta e che avrebbero meritato di entrare da protagonisti nella storia moderna. Nato a Borgosesia nel 1878, Giosu&egrave; Giuppone cominci&ograve; a correre in bicicletta dimostrando subito un notevole talento. Nel 1901 colse la sua prima affermazione vincendo a Novara il campionato provinciale di Resistenza; nel 1902 pass&ograve; fra i professionisti e nei successivi due anni si laure&ograve; campione italiano di Resistenza e per due volte conquist&ograve; il record nazionale dell&rsquo;ora. In quel biennio si misur&ograve; spesso anche in corse motociclistiche, e fu subito chiaro che anche con il motore al posto dei pedali era un vincente.  Polvere di stelle: Seiling, re della Sei Giorni  Una carriera fatta di successi   Nel 1904, infatti, si impose, guidando moto Peugeot, nel campionato italiano di Velocit&agrave; e anche in quello di Resistenza. Per la Peugeot, che gi&agrave; lo aveva appoggiato nei trionfi ciclistici, quel pilota altrettanto bravo alla guida di allenatori meccanici (le moto che tagliavano l&rsquo;aria ai ciclisti nelle gare della specialit&agrave;) e dei bolidi motorizzati in corsa nei velodromi era un tesoro da non lasciarsi sfuggire. La grande Casa di Sochaux bland&igrave; Giuppone al punto giusto da convincerlo a trasferirsi alla fine del 1904 a Parigi dove subito stabil&igrave; al Parco dei Principi il record mondiale dell&rsquo;ora per motociclette leggere. Emigrato, ma per realizzare i suoi sogni, Giosu&egrave; &ndash; &ldquo;Joseph&rdquo; per i francesi &ndash; nel 1905 si trov&ograve; subito a lottare contro i pi&ugrave; quotati campioni del motociclismo, tra cui Anzani, che guidava una Alcyon-Buchet e il suo compagno di squadra Cissac. Quell&rsquo;anno, portando in gara una Peugeot bicilindrica da 12 CV, conquist&ograve; a Ostenda il nuovo record mondiale sul chilometro lanciato a 132 km/h di media, vinse numerose corse e stabil&igrave; il nuovo primato sul giro del velodromo Buffalo di Parigi, tempio mondiale della velocit&agrave;, a oltre 100 km/h di media.  Corse e vinse in motocicletta anche in Italia, Spagna, Belgio e Inghilterra, inserendosi d&rsquo;autorit&agrave; fra i motociclisti pi&ugrave; famosi del Mondo. Continu&ograve; a correre in motocicletta e a vincere molte delle pi&ugrave; celebri competizioni continentali, tra cui il Circuito delle Ardenne, nel 1906 e per buona parte del 1907, ma la Peugeot, dopo averlo messo alla prova nella Coppa Vetturette disputatasi nel novembre del 1906, in cui si piazz&ograve; terzo e primo della sua squadra, decise che per Giuppone era giunto il momento di passare alle quattro ruote.  Dalle due alle quattro ruote   Corse in moto per gran parte della stagione 1907, poi in settembre si dedic&ograve; al volante e colse le prime vittorie in gare su strada e in salita. Giuppone divenne cos&igrave; pilota di automobili da corsa, ma non abbandon&ograve; subito le moto. Nel 1909 lo troviamo infatti fra i partecipanti al terzo Tourist Trophy dove, sempre in sella a una Peugeot derivata dal modello di serie da 5 CV, si classific&ograve; 12&deg;. Il torinese fu il primo italiano a correre nell&rsquo;Isola di Man. Sempre nel 1909, Giuppone corse in auto in Sicilia sul durissimo percorso della Coppa Vetturette che lo aveva gi&agrave; visto vincitore di categoria l&rsquo;anno prima. La cronaca dell&rsquo;evento riporta che mentre era al comando fin&igrave; il carburante e corse a piedi per cinque chilometri filati fino al box. Sal&igrave; quindi su una bicicletta, con una pesante latta di benzina sulle spalle e, pedalando da ex campione ciclista qual era, ritorn&ograve; fino all&rsquo;auto, la riforn&igrave; e ripart&igrave; con il fiato grosso, riuscendo comunque a cogliere il secondo posto. Fu poi retrocesso al terzo perch&eacute; durante la gara aveva usato un mezzo diverso dall&rsquo;automobile&hellip;  All&rsquo;inizio del 1910 il pilota Giuppone aveva ormai una notoriet&agrave; internazionale, unico a essersi dimostrato vincente in bicicletta, motocicletta e automobile. Il 16 settembre 1910 si rec&ograve; a Boulogne sur Mer per disputare una prova del campionato francese per &ldquo;Vetturette&rdquo; alla guida di una Peugeot ufficiale. Durante le prove, un ciclista, incurante del divieto e del sopraggiungere di Giuppone, gli tagli&ograve; la strada; per non investirlo, il pilota sterz&ograve; bruscamente, perse il controllo del mezzo e l&rsquo;incidente gli fu fatale. L&rsquo;atto generosissimo, che il famoso disegnatore Beltrame immortal&ograve; sulla copertina della Domenica del Corriere del 25 settembre 1910, gli valse la richiesta di una Medaglia d&rsquo;Oro al Valor Civile, che lo stato francese non ritenne di accogliere, forse perch&eacute; Giuppone, pur vivendo in Francia da tempo, non aveva mai richiesto la nuova cittadinanza.  I suoi tifosi francesi per&ograve; vollero egualmente attestargli il loro affetto, tanto che in ben tremila accompagnarono la salma del pilota alla stazione di Boulogne sur Mer per il suo trasporto in Italia nella citt&agrave; natale. Probabilmente molti motociclisti italiani in questo periodo, alla ricerca di posti nuovi e di una temperatura sopportabile, andranno con le loro moto in Inghilterra e in Scozia. Mi permetto di consigliare loro una sosta prima di attraversare la Manica: giunti a Calais, costeggino il Canale fino a Boulogne sur Mer (34 km), quindi si portino all&rsquo;interno per altri 12 km fino a raggiungere il paese di Wirwignes. Qui troveranno il cippo commemorativo posto dai suoi sostenitori nel luogo dell&rsquo;incidente che gli cost&ograve; la vita.  Polvere di Stelle: un viaggio nella storia dei Marchi tedeschi 

In Francia, nei pressi della Manica, &egrave; possibile visitare il cippo dedicato a Giuppone, primo fenomeno italiano

Polvere di Stelle: l&#39;omaggio a Giosu&egrave; Giuppone

Terza puntata della storia della primissima evoluzione tecnica della motocicletta. Dopo la complicata sequenza di tentativi che port&ograve; alla scelta della corretta posizione del motore nel telaio, e dopo l&rsquo;ancora pi&ugrave; complessa messa a punto di un sistema di accensione efficiente e affidabile, il terzo passo fondamentale che i pionieri del motorismo (non soltanto quelli del motociclismo) dovettero affrontare e risolvere fu quello della carburazione. Fin dall&rsquo;inizio si prospettarono tre possibili soluzioni, corrispondenti a tre carburatori di diversa impostazione: il carburatore a superficie, il carburatore a &ldquo;filtro&rdquo; e il carburatore con vaschetta a livello costante e spruzzatore. Nel carburatore a superficie, per ottenere la miscela esplosiva l&rsquo;aria era incanalata in modo da lambire un volume di benzina o benzene, oppure un materiale impregnato di tale liquido.  Carburatore a filtro   Lo stesso risultato era ottenuto nel carburatore a filtro, forzando nella fase di aspirazione il passaggio dell&rsquo;aria non sulla superficie, ma attraverso un volume di benzina o benzene, con un percorso dal basso verso l&rsquo;alto. I due grandi pionieri, Gottlieb Daimler e Carl Benz, nel corso dei loro primi esperimenti si orientarono il primo sul carburatore a filtro, il secondo su quello a superficie. Ma nell&rsquo;officina di Bad Cannstatt, nei pressi di Stoccarda, Daimler aveva al suo fianco Wilhelm Maybach, un tecnico che per competenze e talento non gli era inferiore. Fu infatti Maybach a inventare la soluzione ideale per la carburazione: il sistema con vaschetta a livello costante, tubo di Venturi e spruzzatore (gigleur) ancora oggi adottato sui motori motociclistici di piccola e media cilindrata. L&rsquo;efficienza e la semplicit&agrave; costruttiva fecero s&igrave; che il sistema ideato da Maybach si imponesse escludendo ogni altra applicazione di quelli a superficie e a filtro. Ci&ograve; ovviamente ne favor&igrave; lo sviluppo tecnico, tanto che nel volgere di un decennio questo carburatore sub&igrave; numerosi miglioramenti e fu artefice a sua volta di un rapido progresso dei motori motociclistici e automobilistici per modelli sia stradali che da corsa.   Un esempio che ne attesta il livello di efficienza &egrave; il regolamento del primo Tourist Trophy, svoltosi nel 1907 all&rsquo;Isola di Man. L&rsquo;intento degli organizzatori era di creare una corsa che valorizzasse le moto di serie attraverso un percorso capace di mettere a dura prova la robustezza e il rendimento di motori e ciclistiche, attestandone la qualit&agrave; industriale. Per questo il regolamento prevedeva tra le altre limitazioni (come la presenza della borsa porta attrezzi standard e il cavalletto) questa discriminante: i motori monocilindrici non potevano consumare pi&ugrave; di un litro di benzina ogni 32 chilometri, mentre ai bicilindrici era concesso di scendere a 26,5 km/litro. Da notare che il vincitore della classe bicilindriche, l&rsquo;inglese Rem Fowler su Norton con motore Peugeot 750, pur avendo&nbsp; rispettato il limite di consumo, stabil&igrave; il giro pi&ugrave; veloce a 70 km/h di media.   Trovata la giusta soluzione ai quesiti tecnici pi&ugrave; impellenti, le Case produttrici di motociclette compresero che altri &ldquo;nodi&rdquo; considerati fino a quel momento di secondo piano stavano giungendo al pettine. Per esempio la collocazione degli accessori fondamentali del motore, quali il serbatoio del carburante e il contenitore della batteria dell&rsquo;impianto elettrico, ma soprattutto la sistemazione dei diversi comandi necessari alla guida del veicolo. A questo proposito i costruttori, senz&rsquo;altro spronati dal mercato, ma anche dal fatto che in tutti gli Stati europei e americani fossero allo studio le prime norme di omologazione e di circolazione dei veicoli a motore, compresero che almeno su questo tema era indispensabile individuare uno standard al quale adeguarsi. Per centrare l&rsquo;obiettivo, ancora una volta fu necessario mettere a fuoco in modo preciso l&rsquo;identit&agrave; della motocicletta. La belga Minerva, una delle pi&ugrave; vendute e apprezzate del primo lustro del 1900 si proponeva ancora come &ldquo;bicicletta a motore&rdquo;, soprattutto perch&eacute; il suo propulsore era uno dei preferiti dai tanti assemblatori con marchio proprio che spuntavano come funghi in tutt&rsquo;Europa, e quindi doveva adattarsi facilmente a qualsiasi telaio. Per questo, tutti i comandi erano sul serbatoio (che gli assemblatori acquistavano quasi sempre assieme al motore poich&eacute; vi era integrato il carburatore a superficie) e costringevano quindi i piloti a un distacco continuo delle mani dal manubrio, certamente non il massimo su strade piene di buche e di sassi.  Acceleratore e freno   In cosa consistevano questi comandi? L&rsquo;acceleratore era del tipo a manetta (su quasi tutte le moto europee) o a manopola girevole alla sinistra del manubrio (prerogativa dell&rsquo;americana Indian). A manetta o a manopola girevole erano anche il comando dell&rsquo;arricchitore (starter) e quello dell&rsquo;anticipo dell&rsquo;accensione. C&rsquo;erano poi un interruttore d&rsquo;accensione, l&rsquo;alzavalvola di scarico da utilizzare per facilitare l&rsquo;avviamento e le leve dei freni (spesso soltanto quello posteriore). Come comandi manuali andavano intesi infine la pompa dell&rsquo;olio per la lubrificazione supplementare del motore, la leva che agendo sulla puleggia motrice della trasmissione allentava o tirava la cinghia innestando o disinnestando la trasmissione stessa, infine il galletto a fianco del cannotto di sterzo, che agendo su una fascetta ne alleggeriva o induriva la rotazione. Alcuni modelli, infine, avevano anche una specie di antifurto che consisteva in una spina da inserire nell&rsquo;apposito alloggiamento per collegare l&rsquo;impianto elettrico alla batteria (in pratica, l&rsquo;odierna chiave d&rsquo;avviamento).  Fu chiaro a tutti che per la sicurezza e l&rsquo;agilit&agrave; di guida il maggior numero di comandi si sarebbe dovuto spostare dal serbatoio al manubrio, ma non era una cosa molto semplice da attuare, specialmente a causa della lontananza del manubrio dal motore, che imponeva l&rsquo;adozione di complicati collegamenti con aste e snodi. La soluzione venne dall&rsquo;Inghilterra ed ebbe due padri con lo stesso cognome: quale dei due meriti la priorit&agrave; &egrave; ancor&rsquo;oggi argomento di discussione&hellip;  Il primo a occuparsi della questione fu l&rsquo;irlandese Ernest Monnington Bowden, che nel 1896 ottenne un brevetto per un tubo flessibile contenente una fune che, scorrendo o ruotando al suo interno, trasmetteva direttamente i movimenti di trazione, spinta o rotazione della fune da un&rsquo;estremit&agrave; all&rsquo;altra senza necessit&agrave; di pulegge o articolazioni. Ma ad applicare sistematicamente l&rsquo;invenzione, aprendole formidabili prospettive, fu un altro Bowden, Frank, proprietario e fondatore della Raleigh Bicycle Company, che nel 1902 mise in produzione le prime biciclette con freni azionati tramite trasmissioni flessibili. A onta delle imprecazioni mie e dei miei coetanei nelle allora (Anni &rsquo;60) frequenti rotture dei cavi di comando di frizione e gas durante le escursioni in moto (oggi non accade pi&ugrave;) l&rsquo;invenzione delle trasmissioni flessibili &egrave; da annoverare fra le pi&ugrave; importanti per il progresso dei veicoli e non soltanto.&nbsp; 

Furono i Bowden a generare la decisiva innovazione delle trasmissioni flessibili, con i cavi per frizione, freno e gas: l&rsquo;irlandese Ernest e l&rsquo;inglese Frank

Polvere di Stelle: l&#39;evoluzione dei cavi flessibili nelle moto

Vedendo gli scenari vergini e incontaminati che vengono attraversati dai concorrenti della Dakar &egrave; inevitabile interrogarsi sull&rsquo;impatto in termini di inquinamento dei veicoli in tali contesti e ASO si sta muovendo rapidamente in questo senso. Tutta l&rsquo;industria dell&rsquo;automotive sta andando nella direzione delle basse emissioni, e una gara difficile e aspra come la Dakar &egrave; il banco di prova ideale per lo sviluppo di nuove tecnologie.  &ldquo;Dakar Future&rdquo; &egrave; il piano di transizione energetica che &egrave; stato presentato a Neom (quella che dai Sauditi viene chiamata &ldquo;la citt&agrave; del futuro&rdquo; perch&egrave; dovrebbe nascere completamente autosufficiente dal punto energetico), che prevede importanti innovazioni principalmente in due sensi: la motorizzazione dei veicoli in gara e l&rsquo;alimentazione della logistica del rally, bivacchi in primis. Rispetto al primo punto, c&rsquo;&egrave; una strada con tappe gi&agrave; ben marcate: dal 2022 ci sar&agrave; una specifica categoria per i veicoli ibridi ed elettrici, dal 2026 tutti i veicoli della categoria &Eacute;lite dovranno essere a basse emissioni e dal 2030 questa regola verr&agrave; estesa a tutti i veicoli in gara. &ldquo;Vogliamo diventare il primo rally totalmente sostenibile, con il 2030 come obiettivo&rdquo; ha dichiarato David Castera, direttore della gara. &ldquo;Per i veicoli ibridi dobbiamo riuscire ad ottenere un&rsquo;autonomia di 500 km di speciale pi&ugrave; 200 km di trasferimento, mentre per quelli ad idrogeno 250 + 200 km. Stiamo trovando un partner eccellente nell&rsquo;Arabia Saudita, perch&egrave; sebbene la loro economia sia ancora basata molto sul petrolio hanno ben chiaro che devono iniziare a muoversi subito per prepararsi a reggere un futuro con altre fonti di energia pi&ugrave; pulite&rdquo;.  Gi&agrave; a partire da questa edizione 2021 si sono mossi i primi passi in entrambe le direzioni. Cyril Despres &egrave; in gara al fianco di Mike Horn su un prototipo su base Peugeot alimentato a idrogeno, mentre il bivacco di Neom (dove la carovana &egrave; stata per due notti) &egrave; stato alimentato in parte con energia solare, grazie a un progetto pilota del gruppo GCK (Green Corp Konnection). Mike Horn &egrave; un esploratore e pioniere che ha spostato l&rsquo;asticella del limite umano gi&agrave; molte volte in passato e si &egrave; buttato in questa nuova impresa andando contro corrente. &ldquo;Quando ho iniziato a parlare della mia idea della Dakar ho ricevuto molte critiche: come pu&ograve; uno che ha vissuto la natura cos&igrave; intensamente come te impegnarsi in una competizione che inquina? Beh, lo faccio perch&egrave; voglio dare il mio contributo per cambiare la mobilit&agrave; da dentro. La Dakar &egrave; un ambiente straordinario che assomiglia a una grande famiglia, ebbene &egrave; ora che questa famiglia cambi passo. Cyril ed io abbiamo iniziato quest&rsquo;anno con il progetto Gen-Z per raccogliere dati e sviluppare la macchina, nel 2023 vogliamo partecipare con un veicolo alimentato al 100% da idrogeno, a sua volta generato al 100% da fonti di energia rinnovabile&rdquo;.  Pioniere e imprenditore di note capacit&agrave;, Kees Koolen &egrave; il fondatore di booking.com e concorrente nella Dakar 2021 nella categoria Veicoli Leggeri con il numero 416, che &egrave; la sua 12&deg; in carriera. Ha corso (e terminato almeno una volta) con tutte le tipologie di veicoli e sta cullando ora il suo prossimo sogno: &ldquo;ho terminato almeno una volta la Dakar in ognuna delle categorie di veicoli, adesso voglio farlo con un veicolo alimentato ad energia alternativa. L&rsquo;idrogeno &egrave; una delle possibilit&agrave;, ma ce ne sono anche altre come ad esempio l&rsquo;ammoniaca, che non &egrave; ancora sviluppata al punto di poter essere utilizzabile ma potrebbe esserlo in futuro&rdquo;.  Nel 2022 il gruppo Gaussin ha in programma di partecipare e terminare la Dakar con un camion alimentato a idrogeno ed Christophe Gaussin, CEO del Gruppo Gaussin, si &egrave; mosso da un dato evidente: &ldquo;il 2020 &egrave; stato l&rsquo;anno pi&ugrave; caldo della storia e noi vogliamo capire esattamente quali sono i fattori che hanno determinato questo riscaldamento e come si pu&ograve; - e deve- fare per porvi rimedio. Crediamo nell&rsquo;idrogeno come fonte di energia e siamo determinati nel dimostrare che &egrave; un carburante adatto sia per avere prestazioni e autonomia ma anche per essere rifornito in sicurezza. L&rsquo;Arabia Saudita &egrave; una fonte incredibile di energia grazie al sole e al vento, la Dakar &egrave; un banco di prova eccezionale e siamo contenti di essere affiancati da altre aziende che concorrono con noi in questo sogno. Da parte nostra crediamo che la condivisione delle informazioni sia il motore giusto per accelerare un cambiamento che ormai &egrave; inevitabile&rdquo;.  Green Corp Konnection raggruppa un microcosmo di aziende che si occupano su diversi fronti di alimentazione alternativa e il suo CEO Eric Boudot ha le idee molto chiare in merito: &ldquo;lavoriamo non solo sui motori ma anche sulle fonti di approvvigionamento, perch&egrave; non avrebbe senso sviluppare un motore elettrico per poi alimentarlo da fonti non rinnovabili. Nel 2023 vogliamo schierare alla Dakar la prima auto completamente elettrica sviluppata dalla divisione automotive di GCK&rdquo;.  C&rsquo;&egrave; anche un altro grosso gruppo automotive che non sta certo alla finestra a guardare i tempi che cambiano, &egrave; il gruppo Audi attraverso la divisione Q-Motorsport. Il CEO Sven Quandt dichiara: &ldquo;&Egrave; necessario aprire nuovi scenari per la mobilit&agrave; di tutta l&rsquo;umanit&agrave;. Nel breve periodo le nuove tipologie di alimentazione potranno gi&agrave; concludere una Dakar e magari vincere qualche tappa. In Audi abbiamo come target di competere e finire un rally con un veicolo elettrico gi&agrave; nel 2022, perch&egrave; per noi non &egrave; tanto una questione di pubblicit&agrave; o marketing quanto di necessario sviluppo tecnologico&rdquo;.  Dakar 2021, Day 11: Sunderland trionfa, Benavides resiste 

Il rally d&rsquo;avventura per antonomasia guarda avanti di 10 anni verso un futuro &ldquo;verde&rdquo; a zero emissioni, con tre tappe ben marcate entro il 2030 e un cambio netto nell&rsquo;alimentazione energetica dei bivacchi

Tra idrogeno ed elettrico, prende forma la Dakar del futuro

Cyril Despres, il francese cinque volte vincitore della Dakar in moto, &egrave; pronto per affrontare l&rsquo;edizione in Arabia Saudita della leggendaria gara. Per lui sar&agrave; la ventesima partecipazione e questa volta sar&agrave; in equipaggio con Mike Horn, l&rsquo;esploratore che ha firmato imprese impossibili mettendo spesso a rischio la propria vita e che stavolta sar&agrave; copilota di Despres. I due disputeranno la Dakar su un SSV con i colori ufficiali di Red Bull.  &ldquo;Benvenuto a Mike Horn nello Junior Team Off Road di Red Bull&rdquo;, annuncia Cyril Despres sul suo profilo social. &ldquo;Condivideremo quella che sar&agrave; la mia partecipazione numero 20 alla Dakar, e sono certo che vi divertirete&rdquo;, aggiunge il francese rivolgendosi ai suoi followers.  Il &lsquo;terzo capitolo&#39; della Dakar  Lo scorso anno Despres ha sorpreso il mondo piazzandosi quinto alla Dakar al volante di un buggy del Team X-Raid. Il francese si &egrave; aggiudicato due volte la categoria auto Silk Way Rally. Adesso lo aspetta una nuova avventura.  L&rsquo;AMICIZIA CON L&rsquo;ESPLORATORE - Tutto &egrave; nato dal fatto che Despres conosce da tempo l&rsquo;esploratore sudafricano Mike Horn e gli ha offerto l&#39;opportunit&agrave; di essere il suo copilota in un Team Red Bull SSV. Entusiasta della possibilit&agrave; di realizzare un sogno che aveva fin da bambino, ??il giramondo dei poli ha accettato la sfida, anche se la sua avventura sembrava a rischio. Infatti, la sua traversata dell&#39;Oceano Artico con gli sci verso il Polo Nord &egrave; stata interrotta per la preoccupante riduzione dello strato di ghiaccio. I ritardi subiti e il pericolo a cui &egrave; stato esposto hanno minacciato di compromettere la formazione di questo illustre equipaggio alla Dakar. Ma alla fine Horn sar&agrave; in grado di rispettare il suo impegno nei confronti di Despres.  &ldquo;La mia vita di esploratore mi ha portato in molti luoghi diversi e ora alla Dakar. Sono rimasto bloccato sul ghiaccio per un mese, ma per fortuna ora sto andando in Arabia Saudita per incontrare il mio amico Cyril Despres&rdquo;, ha raccontato Mike Horn.    UNA NUOVA SFIDA - &ldquo;Mi godo la vita e mi godo le gare, restituendo qualcosa allo sport che mi ha dato tanto&rdquo;, dice Despres. &ldquo;Quest&rsquo;anno ci divertiremo alla Dakar. L&rsquo;OT3 &egrave; divertente da guidare. Non vedo l&rsquo;ora di ottenere il massimo da questo prototipo costruito appositamente e voglio contribuire al suo sviluppo futuro&rdquo;.   Si tratta infatti di una categoria nuova, e un mezzo nuovo: l&rsquo;OT3 &egrave; il primo prototipo side-by-side mai costruito specificatamente per correre in off-road. Con 177 cavalli e 290 Nm di coppia erogati dal motore turbo da 1000 cc omologato FIA, Despres ha un mezzo decisamente prestazionale in mano.  Da quando finanzi&ograve; con un crowfunding la sua prima partecipazione alla Dakar nel 2000, fino ai suoi successi con KTM e Peugeot, Cyril Despres ha il continuo desiderio di velocit&agrave; e navigazione. Per questo non ha mai saltato una Dakar. Quest&rsquo;anno il francese affronter&agrave; una doppia sfida sportiva: punter&agrave; infatti alla vittoria nella categoria SSV, ma al contempo sar&agrave; anche protagonista dell&#39;operazione Red Bull volta a promuovere la categoria e scoprire nuovi giovani talenti. Quest&#39;anno, le speranze dell&#39;operazione riguardano gli americani Blade Hildebrand, 21 anni, e Mitch Guthrie Jr, 23 anni. 

Cinque volte vincitore della Dakar in moto, il francese correr&agrave; con il re dell&rsquo;avventura Mike Horn come copilota

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